17 giugno 2016

Cresce l'uso dei drive a stato solido, ma anche i casi di perdita dati

Secondo una indagine prodotta da Kroll Ontrack sull'utilizzo della tecnologia SSD, ovvero sui drive a stato solido, il 92% degli intervistati utilizza tali dispositivi. Un numero crescente ha riferito di aver sperimentato dei malfunzionamenti e, tra questi, circa due terzi di aver perso i dati.
Oltre un terzo (38%) dei partecipanti all'indagine ha dichiarato di aver sperimentato un guasto utilizzando drive allo stato solido e di questi quasi due terzi (64%) di aver perso dati. Coerentemente con questa situazione i recuperi da SSD eseguiti da Kroll Ontrack sono cresciuti in percentuale rispetto alla totalità dei diversi supporti sui quali è stato eseguito un intervento di recupero dati.
Oltre alla velocità e all'affidabilità dei drive allo stato solido, i prezzi sono diminuiti, diventando più competitivi rispetto allo storage tradizionale e, come dimostra la ricerca, i guasti si verificano anche su questa tecnologia.
Mentre l'adozione di SSD è in crescita e il tasso di malfunzionamento degli SSD e degli HDD sono oramai equivalenti, la tipologia di guasti è in genere differente. Nel caso di hard drive, la causa può essere un problema al motore o un graffio sulla superficie dei piatti del disco, mentre negli SSD, non essendoci parti in movimento, i difetti di funzionamento più comuni sono dovuti a problematiche di tipo elettrico.
L'80% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare SSD in computer laptop e dispositivi mobili. Quasi due terzi all'interno di computer desktop e il 23% su server.

In linea con la diffusione della tecnologia SSD, esiste un fiorente mercato di altre tecnologie di storage all'avanguardia, come i Solid State Hybrid Disk (SSHD), ovvero unità ibride con memorie allo stato solido, drive all'elio e heat-assisted magnetic recording (HAMR) hard drive. L'adozione di queste tecnologie di storage è in lieve aumento rispetto all'indagine dell'anno scorso.

L'indagine è stata realizzata via email nel mese di maggio 2016, su 1.849 clienti che si sono avvalsi dei servizi di recupero dati di Kroll Ontrack, intervistati tra Nord America, Europa e Asia-Pacifico.

8 giugno 2016

I numeri dei Malware: un report sulle nuove minacce (per tutti)

E’ stata presentata in questi giorni l’analisi delle minacce informatiche del 2015, elaborate da Webroot nel report “Next Generation Thrests Exposed”.
Il distributore italiano Achab ha analizzato i dati del report. Ecco cosa è emerso.
Dallo studio emerge che molti attacchi vengono creati, eseguiti e conclusi nel giro di qualche ora e in alcuni casi anche nel giro di pochi minuti. Minuti che bastano per raccogliere credenziali, informazioni personali, crittografare i dati, recuperare informazioni “finanziarie” per accedere a sistemi di internet banking. Contrastare questo tipo di attacchi richiede un approccio innovativo perché è necessario mettere a punto un sistema intelligente a prova di hacker”, ha spiegato Claudio Panerai, CTO Achab.

I dati raccolti da Webroot durante tutto il 2015 mostrano che gli attacchi sono ormai divenuti globali e fortemente dinamici:
- Oltre 27 miliardi di URL
- Più di 600 milioni di domini
- Più di 4 miliardi di Indirizzi IP
- Oltre 9 miliardi di file
- Più i 20 milioni di App mobile
- Oltre 10 milioni di sensori connessi
Gli attacchi informatici oggi rappresentano ormai una realtà che non riguarda più solo enti governativi e multinazionali ma interessa anche PMI, liberi professionisti e utenti finali. Essere informati e conoscere le minacce, per scegliere le migliori soluzioni per difendersi dai cyber criminali, è il primo passo per prevenire situazioni di rischio.

Phishing
Nel corso del 2015 Webroot ha analizzato e classificato milioni di URL e in particolare per il phishing emergono dei numeri interessanti. La probabilità per un utente di incappare in un sito di phishing nel corso del 2015 è del 50% (contro il 30% del 2014), il che testimonia l’efficacia di questo tipo di attacchi.
Le aziende più colpite dal phishing sono le aziende finanziarie e tecnologiche.
Google in particolare la fa da padrone: nel solo 2015 ci sono stati 83.000 siti che si spacciavano per Google cercando di recuperare le credenziali degli utenti.

App su dispositivi mobili
Webroot ha analizzato inoltre lo scenario mobile, in questo contesto sono state prese in considerazione oltre 10 milioni di App Android nel solo 2015. Queste App sono state classificate secondo i parametri “buona”, “dannosa”, “a rischio moderato”, “sospetta”, “indesiderata”. Il 52% di tutte le nuove App sono state categorizzate come indesiderate o dannose, e solo il 18% come buone. E non finisce qui: la maggior parte delle App risultano essere veicolo di virus Trojan (60%) o OUA (28%).
Nemmeno gli utenti di iOS non possono considerarsi immuni dagli attacchi: la versione Trojan dell’ambiente di sviluppo Xcode, per esempio, ha infettato 2 milioni di utenti iOS.

E' possibile scaricare l'infografica del report.