26 novembre 2014

Pubblicità sul web: in Italia cresce a doppia cifra

In un contesto macroeconomico critico, che vede un calo generale dei mezzi di comunicazione tradizionali, l’Italia afferma la sua competitività sul fronte internet. Nel nostro Paese la pubblicità sui canali online cresce quest’anno del 12,7% rispetto al 2013. Una crescita a doppia cifra, che porta il valore degli investimenti a 2 miliardi di euro.
E’ questo il primo positivo dato emerso in apertura di IAB Forum 2014, l’evento di riferimento della comunicazione digitale che si tiene oggi e domani presso il MiCo Milano Congressi Ala Sud. Ad annunciare le stime, frutto di una rielaborazione IAB su dati Nielsen e Osservatori Politecnico di Milano, è stato Michele Marzan, Vice Presidente di IAB Italia.
A trainare la crescita principalmente i nuovi mezzi: video, social e mobile unitamente alle soluzioni di programmatic advertising. Il segmento Display nel complesso (che comprende le sottocategorie banner, video e social) registra nel 2014 un andamento positivo con un incremento anno su anno del 18,95%, con una crescita del Banner Advertising (a una cifra +8,2%) favorita dal buon andamento di mobile e programmatic advertising, che ne guidano lo sviluppo.
Il segmento video cresce del 25% per un valore degli investimenti pari a 300 milioni di euro mentre il Social vanta un trend di crescita del 70% che porta il valore degli investimenti a 170 milioni.
Relativamente alla pubblicità sui device mobile (smartphone e tablet) si registra una crescita del +50%, raggiungendo a fine anno i 290 milioni.
Le nuove tecnologie di programmatic advertising, che già trainano i mercati più maturi e sono deputate a gestire in modalità innovativa il display advertising, si affermano anche in Italia con tassi di crescita ormai significativamente innescati: 110 milioni gli investimenti (con una crescita del 120%) che sono inclusi nel dispaly advertising per una quota pari al 10% dello stesso.
Anche il Search continua nella sua corsa, mantenendo un ruolo di tipologia leader nel mercato con una crescita del 14% e un valore pari a 665 milioni di euro, mentre l’Email Advertising si assesta sul medesimo valore del 2013 (25mln di euro) e i Classified evidenziano un andamento negativo (16,3%) più legato alle congiunture del sistema economico.





23 novembre 2014

Il digital cambia le regole del brand building

Organizzato la scorsa settimana da TNS, il seminario “The @volution of branding: integrazione media e brand activation”, ha evidenziato come il Digital abbia decisamente innovato le modalità di audience engagement, impattando in modo rilevante sulle strategie di brand building. Tecnologia e creatività, insieme ad un sapiente uso dello storytelling, saranno il vantaggio distintivo della comunicazione di brand vincenti, se riusciranno, attraverso la costruzione di memorie affettive, a sedimentare rafforzando la brand equity.  
Emily Gong, Regional Digital Development Manager TNS ha aperto i lavori, focalizzando l’attenzione dell’audience sulla velocità di adozione delle tecnologia, che sta avendo effetti rilevanti sui comportamenti. Si evidenziano modelli di comportamento che dirottano fruizione ed utilizzo sul mobile: i giovani a Singapore, a parità di tempo speso nelle fruizioni media (TV ed online – mediamente 8 ore al giorno), ne passano solo il 12% davanti alla TV (contro il 17% dei giovani italiani). Nei Paesi più avanzati, inoltre, la fruizione televisiva si sposta online e cresce l’utilizzo e l’interesse per nuovi servizi che integrano i benefici della rete (connected cars, health apps ed accessori di monitoraggio della salute, domotica, ecc)
“In un contesto media sempre più complesso e popolato da un numero sempre maggiore di soggetti – ha commentato Luca Colombo, Country Manager di Facebook Italia, è fondamentale che le aziende facciano leva su strumenti innovativi e realmente differenzianti per far emergere il proprio brand.   Il consumatore è più sociale, ma anche più connesso, a qualsiasi momento della giornata: le persone utilizzano sempre più i dispositivi mobili per informarsi, accedere a contenuti o fare ricerche ovunque si trovino e durante tutta la giornata. Uno dei trend tecnologici di maggiore potenzialità è senz’altro quello legato ai contenuti video, rispetto al quale Facebook offre alle imprese possibilità di connessione, scoperta e condivisione straordinarie; basti pensare che, a partire da giugno di quest’anno, si contano ogni giorno circa 1 miliardo di video visti su Facebook, con una fruizione di contenuti video da mobile cresciuta del 532% negli ultimi 3 anni”.

Il mobile ci permette una fruizione libera, senza luogo e senza tempo. E’ sempre con noi. E dunque, la TV non è più il nostro unico amore. Altri schermi, fra cui appunto il mobile, attirano la nostra attenzione. Connected Life, lo studio internazionale effettuato in 50 Paesi e su più di 55.000 individui fra i 16 ed i 65 anni, utenti regolari di internet, registra in Italia che solo un 60% del tempo passato davanti alla TV, dispone di attenzione focalizzata, la cosiddetta “undivided attention”. Ma in questa molteplicità di stimoli, di contenuti da fruire, di attività che ci coinvolgono, i brand possono trovare spunti ed opportunità per nuove proposte comunicative, dal momento che i consumatori possono essere raggiunti su specifici canali e piattaforme in definiti momenti della giornata.

“Notiamo che sempre un numero maggiore di utenza si sta spostando da una navigazione su desktop, a una su dispositivi mobile. Sia i publisher che gli advertiser devono farsi trovare pronti a questo cambio di paradigma. Se i primi stanno studiando contenuti ottimizzati per una fruizione ottimale, i secondi devono trovare una soluzione ponte che possa garantire loro la massima visibiltà per cogliere tutte le opportunità che il mobile sta aprendo - ha affermato Davide Corcione, Head of Agency & Account Managers, Yahoo Italia – che ha anche sottolineato  come la navigazione online non vada più interpretata come silos di contenuti contrapposti all’advertising”.
Il mobile è il device che sempre più ci coinvolge, che ci permette di essere sempre connessi con le nostre cerchie più o meno strette di amici e famigliari. Molti di noi, moltissimi, utilizzano ormai i Social Network e diventa naturale pensare ai Social come ad un mezzo normale di condivisione e diffusione di informazione.
Nelle attività di brand building diventa dunque sempre più importante concentrarsi oltre che sugli effetti di brave periodo, in termini di vendite, anche sulla prospettiva di medio-lungo termine che agisce sull’equity del brand. Nel concreto, la brand experience è sicuramente l’espressione attuale di brand building che va in questa direzione, alimentando la cosiddetta memoria affettiva.

“L’@voluzione del brand, abbiamo visto, passa per la comprensione di un contesto in forte cambiamento, per gli impatti che la diffusione della tecnologia sta portando. Passa per un nuovo modo di affrontare la comunicazione, dove i fruitori, i consumatori, sono oramai parte integrante del processo comunicativo, condividono, raccomandano, dissuadono amici o semplici sconosciuti, in nome di una propria esperienza ed emozione, che hanno il piacere di condividere; si attivano, cercano informazioni, ne producono, scaricano app. Un mondo di comunicazione, ma anche di azione- Ha affermato Gabriella Bergaglio, Marketing Manager TNS Italia. Non è facile individuare nuove metriche, ma una cosa è certa: i nuovi KPIs (Key Performance Indicators) che dovranno monitorare il successo di un brand dovranno mettere insieme misurazione e azione – ha concluso Gabriella Bergaglio, Marketing Manager di TNS. In un mondo dove azioni e reazioni sono immediate, i brand hanno sempre più bisogno di misurare, per agire”.

21 ottobre 2014

La PA che cinguetta: un ricerca sull’utilizzo di twitter nelle amministrazioni

Poco più della metà (il 57%) dei capoluoghi di provincia italiani ha un account su Twitter. Questo un primo dato emerso dall’analisi effettuata dall’ufficio studi di FORUM PA (con al supporto di @giovanni­_arata) per valutare come le amministrazioni delle nostre città utilizzano lo strumento tecnologico per informare e dialogare con i cittadini.
Analizzando una serie di parametri che vanno dal rapporto tra followers e popolazione, utilizzo delle mention e dei link nei tweet, successo di ogni singolo tweet (calcolato sul numero di volte che viene retwittato), la città che sa utilizzare “al meglio” il social network e con maggior successo è Torino. Seguono Milano, Roma, Napoli, Firenze e Palermo.
La ricerca si è poi spinta a confrontare le nostre città con il contesto europeo. Interessante notare che il fenomeno sembra aver “attecchito” solo in alcune nazioni. Molto diffuso ed utilizzato dalle città francesi e spagnole, twitter non è uno strumento amato dalle amministrazioni britanniche o tedesche, né dalle ben più tecnologiche capitali scandinave.

Followers
Tra le prime città in lista per numero di followers troviamo Torino, sul podio con più di 82mila followers. Il capoluogo piemontese è stato anche uno dei primi ad iscriversi nel 2008, poco dopo Rimini, prima fra i capoluoghi italiani a sposare la piattaforma nel 2007. Al secondo posto, con uno stacco di circa 30mila followers, seguono Milano e Roma, quasi a pari merito con circa 50mila followers (rispettivamente 49.700 e 48.900). A seguire Napoli (35.500) Firenze (26.600) e Bologna (18.000). Le meno seguite Lecce e Brindisi con meno di 300 seguaci e Trento che ne ha ancor meno, probabilmente perché si è iscritta da solo pochi mesi.

I tweets al giorno
La città di Bologna è in assoluto la più cinguettante, vantando una media di 24 tweets al giorno. Seguono Parma con circa 18 cinguettii giornalieri, Roma (17,11), Milano (16,24), Torino (11,33) e Cagliari (10,8). Mentre Napoli, nella top five delle più seguite in assoluto, cinguetta poco, con una media di circa 3 tweets ogni 24 ore, molto meno di Aosta (7,42) e di Potenza (6,19).  Tra le più silenziose Teramo (0,01), Brindisi e Lecce (0,04), e Catania (0,4). Complessivamente è l’Emilia Romagna la regione italiana che cinguetta di più.
Alcune città invece fanno semplicemente presenza come Lecce (0,04 tweets/day) e Teramo (0,01 tweets/day) che sono iscritte da quasi due anni e tweettano pochissimo. Non utilizzano né mentions, né links. Non risultano invece all’appello Verona, Salerno, Latina e Padova, Pescara e Messina. Queste amministrazioni non hanno un profilo twitter.

Utilizzo di mentions (@)
Con una media di 0,85 mentions per tweets Torino è ancora una volta al primo posto tra le realtà che dialogano di più. Segue Milano a pari merito con Pistoia (0,76%) e subito dopo Gorizia (0,68%), Palermo (0,62%) e Bologna (0,53%). Analizzando l’utilizzo delle mentions salta all’occhio che la maggior parte delle città dialoga con il proprio vicinato: le amministrazioni faticano a tessere ponti di dialogo cinguettanti tra loro e complessivamente i cinguettii rimangono confinati entro i margini urbani locali. L’utilizzo delle mention ci da una indicazione su come una città utilizza a pieno le potenzialità di Twitter, molto più del solo dato quantitativo. Potenza ad esempio cinguetta molto (6,20 tweets/day), molto più di Genova, Palermo e Napoli, ma fa poco o niente utilizzo di mentions (0,01%) è, quindi, un utente con scarsa relazionalità.

Il numero di links per tweets
Caserta (1,7), L’Aquila (1,01), Siena (1) e Grosseto (0,97) sono le città che condividono il maggior numero di tweet contenenti link che rimandano ad altre news, informazioni, utilizzando la piattaforma come eco di notizie.
Se l’utilizzo della mention ci indica il grado di relazionalità, l’uso dei link mostra quanto un utente lavora per “informare” piuttosto che “dialogare”. Venezia, ad esempio, ha scelto di usare twitter soprattutto per promuoversi, linkando articoli e info che rimandano ai propri siti. La Serenissima, infatti, non fa minimamente uso di mentions, ma è nella top ten per utilizzo di links (0,93 links per tweet).

Quanto sono ritweettate le città?
Alcune città sono appassionatamente seguite e ritweettate dai cittadini, tra queste Palermo è la prima in assoluto con l’80% di tweets retweeted. Evidentemente i post generano un certo interesse tra la popolazione che replica e condivide, così come accade nel caso di Torino (74,24%), seconda in classifica, seguita da Roma (66,38%), Napoli (61,86%) e Bologna (59%).

Confronto nel panorama europeo
Ma come si posizionano le nostre città se le confrontiamo alle corrispondenti europee?
La città di Vienna è stata su twitter solo da dicembre 2009 a febbraio 2010, due mesi in cui ha twittato due volte, oggi l’account è ancora attivo, anche se silente, e vanta un numero di followers di poco superiore al comune di Vercelli. Sorprendentemente la città di Londra ha soltanto poco più di 13mila followers, e cinguetta con una media di 3,8 tweets al giorno, come Siena e Ascoli Piceno per intenderci. Stoccolma, al confronto con Londra una piccola cittadina, ma supera per followers la capitale britannica con circa 15.000 followers, 3.000 in meno di Bologna (VI° in classifica per followers tra le città Italiane). Inoltre il cinguettio della città di Bari (3,92 tweets/day), tra le meno loquaci nel panorama delle città italiane, supera il ritmo dei tweets al giorno della capitale svedese (3,46 tweets/day).
I profili di Barcellona e di Parigi, invece, raccolgono ampi bacini di followers ben superiori ai trend italiani. La città catalana ha circa 116mila followers, mentre la Ville Lumière oltre 212mila, nonostante abbiano entrambe aderito a Twitter solo nel 2009, ben più tardi della precoce Torino che ha iniziato a cinguettare nel 2007.



13 ottobre 2014

Oltre 100.000 foto rubate su Snapchat. E ora?

E' Snapchat l’ultima applicazione a finire nella bufera per problemi legati alla sicurezza. 
Come molti sanno, Snapchat è un app mobile per smartphone, valutata 10 miliardi di dollari, che permette di scattare e inviare fotografie poi destinate all’autodistruzione, entro un periodo predeterminato dall'utente. 
Un data breach ha colpito circa 4,6 milioni di utenti in tutto il mondo, i cui dati sono stati resi pubblici all’inizio dell’anno. na recente analisi di Check Point Software Italia, spiega come oltre 100.000 foto (di cui molte, probabilmente molto riservate) che dovevano cancellarsi automaticamente, sono state sottratte al controllo dei legittimi proprietari e rischiano di finire online.

24 settembre 2014

Phablet? Alla conquista di un mercato ricco di sfide

L’iphone 6 di Apple arriva in un momento di grandi opportunità in tutto il mondo, per i cosiddetti “phablet”. Il brand, che storicamente ha goduto del vantaggio tipico dell’ ”anticipatore”, sta entrando come follower in un mercato ormai consolidato e sempre più popolato.
Connected Life, lo studio condotto da TNS (su oltre 55.000 utenti internet in 50 Paesi) ha infatti rilevato che i telefoni a grande schermo sono già cresciuti in popolarità in tutto il mondo. Nei mercati asiatici come la Corea del Sud, Hong Kong, Taiwan e Singapore i phablet costituiscono già oltre il 30% degli smartphone. Lo scenario si presenta quindi molto difficile per Apple che dovrà inserirsi con l'iPhone 6.
La crescita del phablet è sostenuta dal desiderio di guardare video sullo smartphone. In tutto il mondo questo tipo di fruizione è in crescita: per esempio nei mercati con basso accesso ad altri dispositivi, come Ghana, Nigeria e Sudafrica, è effettuata dal 70% degli utenti regolari di internet, in Arabia Saudita dal 47%, in Middle East & North Africa dal 45% e in India dal 44%.
In tutto il mondo, gli smartphone sono al primo posto tra i dispositivi digitali. Attualmente sono i più utilizzati, rispetto a tablet, pc portatili e computer, per le attività sui social media, (44%), per la navigazione generale (38%), per la consultazione di informazioni generiche (36%) e per l’intrattenimento (33%). L’aumento del possesso di smartphone, nel mondo, spinto dai costi decrescenti di terminali e tariffe, renderà la sfida di Apple ancora più ardua con il lancio dell'iPhone 6, mantenendo un posizionamento premium in un mercato sempre più massificato.
Il leader dominante, Samsung ha oggi una quota del 25% sul mercato mondiale (IDC Smartphone Vendor Market Share, Q2 2014). Vanta inoltre una diffusa popolarità nel mercato phablet, con oltre il 66% della quota esistente su Hong Kong e Corea del Sud e detiene oltre il 46% negli USA e in UK.


22 settembre 2014

Il divertimento protagonista su mobile: i dati del report Mobile Analytics

L’ultimo rapporto MobileAnalytics condotto da Citrix ByteMobile analizza il comportamento degli utenti mobili e l’uso che questi fanno del proprio dispositivo mobile nella vita quotidiana. Ciò impatta sugli operatori di rete e sugli altri fornitori di servizi.
Ecco alcune interessanti (e aggiornate) conclusioni del rapporto semestrale.
Oggi gli abbonati mobili utilizzano principalmente i propri dispositivi per connettersi ai social media (40%), consultare siti di informazione e mappe (37%), effettuare acquisti online (30%) e visualizzare video (20%). Sorprendentemente la musica online è posizionata molto dopo nella classifica con solo il 2,3%, dopo i contenuti sportivi e quelli per adulti (2,5 % ciascuno).
In termini di volumi di dati generati, i siti per video sono in testa con il 42% di dati generati, seguiti dagli app store (14%), dai social media (10%) e dai contenuti per adulti (8,5%).


20 settembre 2014

Social Media Week Rome: ci siamo quasi. Siete pronti?

Manca davvero poco all’inizio della Social Media Week, l’evento internazionale dedicato al Web, alla Tecnologia, all’Innovazione e ai Social Media, organizzato in Italia da Business International – Fiera Milano Media. Più di 160 relatori, oltre 50 eventi per una full immersion nel mondo social e digitale, che coinvolgerà manager d’azienda, appassionati, esperti di marketing, advertising, comunicazione, media, editoria, arte, intrattenimento e molto altro.
A Roma, una settimana dedicata alla Rete che, dal 22 al 26 settembre, si svolgerà in contemporanea in 12 città nel mondo.
Il primo appuntamento è per lunedì 22 settembre alle 10.30, con la Cerimonia di apertura della Social Media Week (SMW), che avrà luogo presso il Palazzo del Campidoglio nella prestigiosa Aula Giulio Cesare.
Tra i temi che verranno affrontati durante questa rinnovata edizione della Social Media Week, che dopo 3 anni torna finalmente a Roma, l’impatto dei New Media sul business, le nuove forme di open journalism e ancora il futuro del publishing, il Social e-Commerce e il Social no-Profit, l’impatto del Digitale e della Rete nei diversi settori.
Tanti gli incontri davvero interessanti, tra cui qui vorrei evidenziare due Talk show organizzati da Social Radio Lab, che risponderanno a domande di stretta attualità come: Quanto e come le radio italiane utilizzano web e mobile per fidelizzare, coinvolgere e costruire ulteriormente le loro community? Stanno già affrontando al meglio la sfida e opportunità dei social media?
Risposte arriveranno attraverso dati ed evidenze del  team di ricerca e la testimonianza di chi il cambiamento lo vive ogni giorno: responsabili marketing, autori e speaker di alcune delle radio più ascoltate.

16 settembre 2014

Wearable device: come affrontare l’arrivo delle tecnologie indossabili?

Secondo gli esperti, il prossimo grande trend sarà rappresentato dalla tecnologia indossabile, che cambierà il modo di lavorare delle aziende.
Ma siamo davvero preparati per il nuovo fenomeno WYOD (Wear Your Own Device) e per l’impatto che questo avrà sulle reti aziendali e domestiche? 
Una recente indagine di FOIA (Freedom of Information Act) ha rivelato che nonostante il 93% delle organizzazioni nel settore pubblico abbia investito in strumenti per la gestione di rete, solo meno di un quarto (23%) si preoccupa di monitorare regolarmente le performance della rete durante l’orario di lavoro. E, fatto ancora più preoccupante, la maggioranza degli uffici pubblici in UK (79%) nemmeno è in grado di differenziare i dispositivi wireless e cablati presenti sulla loro rete.
Le tecnologie indossabili (dagli orologi e occhiali “smart”, fino agli scanner di impronte digitali e bracciali) stanno facendo la loro comparsa sul mercato ed è prevedibile che tra non molto saranno pervasive come oggi lo sono gli smartphone. La società specializzata in ricerche sulle tecnologie smart On World prevede che il mercato raggiungerà nei prossimi cinque anni un valore di 50 miliardi di dollari. In tutti i settori si è iniziato a immaginare opportunità per oggetti indossabili dotati di sensori e per applicazioni e servizi cloud integrati.
Sensori e software e servizi cloud sono secondo On World la nuova piattaforma “killer”. Il programma per sviluppatori recentemente lanciato da Nest ha già individuato il potenziale per tecnologie indossabili integrate con sistemi domestici intelligenti come, ad esempio, il fitness tracker UP di Jawbone integrato con i termostati intelligenti di Nest. Queste tecnologie consumer presto passeranno dall’ambiente domestico a quello di lavoro, con le conseguenze che è facile immaginare per le aziende.
Sony ha presentato la richiesta di brevettare la “parrucca intelligente”, capace di elaborare dati e comunicare in modalità wireless con altri dispositivi. Per quanto bizzarra possa sembrare questa applicazione, indica chiaramente come i grandi nomi si stiano già muovendo per avvantaggiarsi sui concorrenti.
Secondo Ipswitch, le tecnologie indossabili non sostituiranno smartphone e tablet. Semplicemente moltiplicheranno il numero di dispositivi che accedono alla rete.
Non è solo una questione di occupazione di banda. Esistono anche serie preoccupazioni per la sicurezza. Una delle maggiori, è che molte cose potranno essere fatte senza che nessuno se ne accorga. Gli smartwatch, ad esempio, hanno una fotocamera e sfruttando la connessione a Internet di uno smartphone, fotografare un documento e caricarlo su Dropbox è questione di un attimo. I Google Glass vanno addirittura oltre, permettendo di registrare tutto quello che vedete.

13 settembre 2014

WD lancia un hard disk portatile con connessione wireless

Su consiglio di un amico, mi sono informato su un nuovo disco storage con funzionalità Wi-Fi, che permetterà di salvare, accedere e condividere i contenuti con qualsiasi smartphone, tablet, computer o altro, senza necessità di cavi: si chiama My Passport® Wireless ed è stato lanciato in questi giorni da WD.
L’hard disk crea una propria rete wireless che consente di connettere fino a 8 dispositivi contemporaneamente e di accedere a qualsiasi contenuto archiviato sul disco. Inoltre è possibile mandare in streaming fino a 4 video HD contemporaneamente. La batteria ricaricabile integrata fornisce fino a 6 ore di streaming continuo e fino a 20 ore in modalità standby

E’ possibile accedere ai propri contenuti digitali ovunque,  utilizzando l’app WD My Cloud. L’app WD My Cloud aiuta inoltre a centralizzare tutti i contenuti degli utenti sotto un’applicazione e interfaccia unica, consentendo l’accesso ai contenuti sul disco My Passport Wireless, sul personal cloud della famiglia WD My Cloud, e sui principali servizi di public cloud come Dropbox, OneDrive e Google Drive. 

5 settembre 2014

HARMAN e Spotify partner: più soluzioni per lo streaming audio

La linea di altoparlanti wireless JBL Authentics Wireless Home Audio Series è ora compatibile con Spotify Connect. Spotify Connect, sviluppato dal popolare servizio di musica digitale, permetterà agli utenti di passare senza interruzioni dall’ascolto di Spotify che stanno effettuando su altri dispositivi al proprio sistema HARMAN connesso via Wi-Fi.
Portare il servizio di streaming premium di Spotify all’interno dell’ecosistema audio di HARMAN significa mettere a disposizione degli utenti un maggior numero di opzioni per connettersi e personalizzare le proprie esperienze d’ascolto.

Le unità JBL Authentics già disponibili sul mercato riceveranno a breve un aggiornamento software che permetterà loro di supportare Spotify Connect, una funzionalità che sarà invece standard su tutti i nuovi modelli distribuiti a partire da questo momento. In più, gli altoparlanti JBL Authentics Series supportano AirPlay, DLNA e Bluetooth per effettuare con semplicità lo streaming da qualsiasi dispositivo wireless.

27 agosto 2014

1 italiano su 3 aggira il divieto d’accesso ai social in azienda

Sul posto di lavoro, un italiano su tre aggira le restrizioni d’accesso a social network, app di messaggistica e archiviazione sul cloud imposte dalla propria azienda. Questo quanto emerso dallo studio People-InspiredSecurity condotto tra maggio e giugno 2014 dalla società di ricerca OnePoll e commissionato da Samsung in 7 Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Olanda).
Nonostante in Europa l’accesso a Facebook sia limitato o addirittura vietato al 40% dei dipendenti, in Italia un terzo delle persone (32%) ignora la norma pur essendone a conoscenza. Un risultato in linea con quanto registrato in Germania (34%), Spagna (33%), Belgio e Olanda (31%), ma inferiore al dato britannico: gli inglesi sono i più propensi a utilizzare Facebook a dispetto della policy aziendale, con il 41% di loro che ammette di accedere al social network durante l’orario di lavoro.
Circa un terzo dei lavoratori italiani tende ad ignorare o ad aggirare le restrizioni utilizzando i propri dispositivi personali anche nel caso di applicazioni d’archiviazione sul cloud (34%), app mobile (38%), servizi di video streaming (29%) e Twitter (26%).


“Dal punto di vista della sicurezza, è comprensibile che i datori di lavoro vogliano controllare l’uso della tecnologia da parte dei propri dipendenti. Se, però, questo si traduce nell’ignorare le esigenze del professionista moderno, le aziende potrebbero andare incontro a un calo di produttività e di coinvolgimento. Fiducia, comunicazione chiara e quadri normativi adeguati sono molto più efficaci nel favorire un comportamento costruttivo, al lavoro come nel tempo libero”, ha dichiarato Dimitrios Tsivrikos, Consumer and Business Psychologist allo University College London. “Come dimostra questo studio, vietare l’utilizzo della tecnologia e l’accesso ad alcuni siti web sul posto di lavoro spesso produce l'effetto opposto rispetto a quello desiderato. Una reale fiducia deve essere reciproca. Le aziende dovrebbero cercare di osservare il modo in cui i propri dipendenti lavorano e trovare, quindi, il modo di incorporarlo positivamente all’interno dell’ambiente professionale”.



13 agosto 2014

Video su Facebook? Engagement garantito se sono brevi

Secondo i dati di una ricerca condotta da socialbakers, esiste una correlazione precisa (e aggiornata) tra durata dei video pubblicati su Facebook e il successo che ottengono tra gli utenti.
Chiaramente il News Feed di Facebook non appare il luogo ideale per i video di lunga durata. Il dato importante è che l'engagement dei video risulta ottimale, se questi non superano la durata di 21 secondi
La ricerca mostra il tempo massimo entro il quale si riesce a mantenere coinvolto e attento l’utente: oltre la durata di 100 secondi, l’utente si annoia e passa ad altro. La durata media di un video sul popolare social network, è di circa 44 secondi
Interessante notare che Facebook considera un video come "visto interamente", se viene visualizzato il 95% del video stesso. Ciò ha senso, in considerazione dei vari ringraziamenti, credits o pubblicità, presenti alla fine di molti video.
Altro dato utile: il 57% degli utenti che iniziano a vedere un video, ne completano la visione.












La ricerca sottolinea anche come lo streaming video, sia l'unica forma di pubblicità, dove gli utenti dimostrano chiaramente per quanto rimangono concentrati e attenti sulla pubblicità stessa.
Facebook, negli ultimi tempi, sta adottando una politica sempre più favorevole ai video e continua a incentivare gli inserzionisti sull'utilizzo di video-advertising.



5 agosto 2014

Social network? Usati soprattutto da Mobile

Interessanti dati rilasciati da comScore, riguardo alle piattaforme utilizzate negli Stati Uniti per navigare sui social network.
Il canale mobile ha una prevalenza schiacciante. Dopo Snapchat, spiccano (ma non sorprende affatto) il 99% di Vine e il 98% di Instagram. Molto più significativi il 92% di Pinterest e, soprattutto l'86% di Twitter, seguito dal 68% di Facebook.

Resistono invece sia Tumbler che LinkedIn nell'utilizzo tramite la piattaforma desktop.


17 luglio 2014

Marketing e comunicazione: ecco gli stipendi dei professionisti

Compensi allineati per direttori marketing e direttori comunicazione italiani, secondo un’indagine retributiva 2014 pubblicata da Michael Page.
Carriere parallele, quindi, per le professioni del marketing, anche se i percorsi professionali sono sostanzialmente diversi.
Mentre per quanto riguarda le funzioni che riportano al direttore marketing, i brand manager partono da un compenso minimo di 32 mila euro, con un’esperienza di 3-5 anni, e possono arrivare a 50 mila euro con 10 anni di attività. I marketing manager, invece, mostrano una retribuzione minima annua di 55 mila euro, con 7-12 anni di esperienza, e arrivano a 80 mila euro dopo 15 anni nella posizione.

Ruolo
Esperienza
Compenso lordo annuo


Min
Max
Direttore
comunicazione
10 – 15 anni
15 – 20 anni
oltre 20 anni

90.000
120.000
150.000
120.000
150.000
oltre 150.000
Direttore
marketing
10 – 15 anni
15 – 20 anni
oltre 20 anni

90.000
120.000
150.000
120.000
150.000
oltre 150.000
Marketing
manager
7 – 12 anni
12 – 15 anni
oltre 15 anni

55.000
70.000
80.000
70.000
80.000
NS*
Brand
manager
3 – 5 anni
5 – 10 anni
oltre 10 anni

32.000
45.000
50.000
45.000
50.000
NS*

(*) Non significativo.

Fonte: Michael Page, Salary survey Sales & marketing 2014.

11 luglio 2014

La TV nostro unico amore? C'è spazio anche per mobile e social

Le abitudini di fruizione dei contenuti stanno evolvendo rapidamente, anche se passiamo ancora molto tempo davanti alla TV. Secondo la ricerca Connected Life, pubblicata in questi giorni da TNS (istituto di ricerca e consulenza di marketing), la voglia di televisione rimane, ma i televisori da soli non sono più in grado di soddisfare il nostro desiderio di contenuti.
Cresce l’online media e lo “screen-stacking” con più device. Una metà di coloro che guardano la TV, si diletta contemporaneamente in altre attività digitali, come social media, controllo dell’ email o ricerca di informazioni pre-acquisto online (in Italia possediamo circa 5 device digitali ognuno).
La domanda di contenuti in streaming, senza vincoli di tempo e di luogo, poi è stata amplificata durante i Mondiali di Calcio, delle ultime settimane. Gli utenti di ogni parte del mondo vogliono accedere a questo evento sportivo internazionale così importante, attraverso i device disponibili, a casa e fuori casa, magari anche commentando gli accadimenti in tempo reale sulle piattaforme social con i propri amici e conoscenti.
Il desiderio di fruire dei nostri programmi televisivi preferiti a tutte le ore del giorno sta anche sostenendo la crescita dell’utilizzo della cosiddetta TV online. Un terzo (33%) degli intervistati in Italia, guarda video giornalmente su PC, laptop, tablet o smartphone. Anche ad Hong Kong, il video online raccoglie grande interesse (32% degli intervistati guarda video online ogni giorno): qui i “phablet” sono sempre più popolari e supportano le visioni on-the-go con schermi maggiorati rispetto agli smartphone. Ad Hong Kong infatti, sempre più spesso si sceglie di guardare TV e video online piuttosto che su un televisore tradizionale.

Eppure, nonostante questa forte crescita di fruizioni online, la televisione tradizionale gioca comunque un ruolo molto importante nelle nostre vite, con l’82% dei rispondenti che dichiarano di guardarla quotidianamente. 4 telespettatori su 5 in Italia (84%) la guardano senza distrazioni, la sera mentre cenano.
Gabriella Bergaglio, Digital Practice Lead TNS Italia, presentando la Ricerca ha spiegato come in Italia, ancor più che in Europa, l’attenzione ai contenuti video online è elevata. Se da un lato dunque non si discute il nostro amore per il televisore, dobbiamo anche essere pronti a recepire nelle nostre attività di comunicazione e brand activation questi nuovi pattern di fruizione. I professionisti del Marketing e della Pubblicità sono dunque chiamati a tenere conto di questi cambiamenti affrontando una nuova grande sfida.
La brand activation e la brand experience  quindi aprono a nuovi orizzonti, con il supporto del Digital, pur con diversi obiettivi e bisogni informativi secondo le categorie interessate. Il focus sul consumatore/cliente resta il punto di partenza di ogni pensiero strategico, senza dimenticare attitudini, comportamenti e need di un consumatore ormai “always on”.




27 giugno 2014

La tecnologia mobile cambia le nostre abitudini: il work-life diventa "blend"

In Italia e nel resto d’Europa il work-life balance (cioè l’equilibrio tra vita professionale e personale) sta lasciando il posto a un nuovo concetto, quello del work-life blend, la commistione tra vita lavorativa e vita privata.
9 italiani su 10, sovrappongono costantemente le due sfere dedicandosi a faccende personali durante l’orario lavorativo e svolgendo, di contro, attività lavorative nel tempo libero. Ciò è legato, in particolare, allo sviluppo di nuove competenze e abitudini sull’utilizzo dei dispositivi mobili, usati indipendentemente da – o nonostante – specifiche policy aziendali, sollevando notevoli rischi nell’ambito della sicurezza dei dati. Questi dati sono emersi dallo studio People-Inspired Security condotto dalla società di ricerca indipendente OnePoll e commissionato da Samsung su 4.500 persone in 7 Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Olanda).
Secondo i risultati della ricerca, in Europa sono proprio gli italiani a sovrapporre maggiormente vita privata e lavoro: il 90% di loro (contro il 77% della media europea) si dedica a compiti professionali al di fuori dell’orario d’ufficio, mentre l’86% (contro il 75% della media europea) svolge attività personali sul posto di lavoro. In particolare, il 69% di chi si dedica alla propria sfera privata in ufficio passa fino a mezzora al giorno pagando bollette o consultando la propria banca online, mentre il 50% di chi lavora durante il tempo libero lo fa impiegando a questo scopo circa 45 minuti ogni giorno prima dell’orario ufficiale. A detta degli italiani, quest’abitudine costituisce un vantaggio: mentre il 43% dichiara di riuscire, così, a gestire meglio gli impegni personali, quasi la metà degli italiani (48%) afferma di poter svolgere una maggiore quantità di lavoro nel medesimo arco di tempo. Molto più semplicemente, il 34% considera il work-life blend un modo per ridurre lo stress.

In questo contesto, i dispositivi mobili svolgono un ruolo chiave. La metà degli italiani (49%) utilizza, infatti, il proprio smartphone personale anche a scopo lavorativo, mentre il 32% usa, al contrario, lo smartphone del lavoro anche nella vita privata. Non stupisce, quindi, il fatto che in Italia si abbiano in media 11 app personali - come Facebook, Whatsapp o Candy Crush - sui propri smartphone di lavoro e 9 app tipicamente professionali – come, ad esempio, Microsoft Outlook o Lync - sugli smartphone personali.
Lo studio rivela, infatti, l’esistenza in Europa dei cosiddetti “lavoratori hacker”: coloro che, forti di una certa dimestichezza in ambito tecnologico, utilizzano a scopo lavorativo lo strumento che preferiscono, senza tenere conto di policy o restrizioni aziendali. Anche da questo punto di vista gli italiani raggiungono il primo posto in Europa: più di un terzo di loro (34% contro una media europea del 26%) hanno utilizzato i propri device per aggirare consapevolmente sul lavoro gli ostacoli imposti dalla propria società, ad esempio usando smartphone personali per accedere a siti web di file-sharing, che possono essere bloccati sui dispositivi di lavoro. In questo contesto, quasi la metà (46%) dei “Millennials”, di età compresa tra i 18 e i 34 anni, sono “lavoratori hacker” – la percentuale più ampia rispetto a qualunque altro gruppo di età tra gli intervistati italiani.


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#WorkLifeBlend


10 aprile 2014

Mobile e App? Un'economia che vale già 25 miliardi di euro

Smartphone, Tablet, reti mobili broadband, Applicazioni hanno creato un vero e proprio circolo virtuoso che sta modificando profondamente i consumi digitali degli italiani e gli investimenti delle aziende. Entro la fine di quest’anno, gli italiani che navigano mensilmente via Smartphone e Tablet saranno più di 30 milioni.
1 Mobile Surfer su 3 ha scaricato Applicazioni a pagamento sul proprio Smartphone e 1 su 5 ha acquistato almeno un prodotto o servizio, 4 su 5 interagiscono con la pubblicità da questo device e 1 su 2 vorrebbe utilizzarlo anche come strumento di pagamento al posto della carta di credito.
Questa la fotografia scattata dall'Osservatorio Mobile & App Economy del Politecnico di Milano. I dati della ricerca, presentata a Milano in questi giori, mostrano come lo sviluppo di un ecosistema Mobile e la conseguente ampia diffusione dell’accesso a Internet da Smartphone e Tablet tra gli utenti abbia generato effetti rilevanti in chiave economica.
L’ecosistema Mobile è ormai abilitato da molti fattori che ne agevolano l’accesso per i consumatori: sono 37 milioni gli Smartphone e 7,5 milioni i Tablet diffusi in Italia e diventeranno rispettivamente 45 e 12 milioni a fine 2014; le reti mobili a banda larga LTE a fine anno raggiungeranno circa il 60% della popolazione; le Applicazioni disponibili negli store hanno toccato quota 2,5 milioni e aumentano le soluzioni Mobile sviluppate all’interno delle imprese o delle PA. Circa l’85% dei navigatori Internet da Smartphone vede annunci pubblicitari all’interno di siti o Applicazioni e la metà ci clicca. Tre quarti dei Mobile Surfer sono interessati al Mobile Couponing ossia vorrebbero ricevere i buoni sconto sullo Smartphone ed, inoltre, più della metà sono propensi all’utilizzo dello Smartphone come sostituto della carta di credito per i pagamenti nei punti vendita fisici.
L’impatto economico generato dall’ecosistema Mobile che si è creato ha dato origine alla cosiddetta Mobile & App Economy, che nel 2013 vale già 25,4 miliardi di euro: rapportato al Pil rappresenta l’1,6%. Oltre l’80% della Mobile & App Economy proviene dai consumi diretti di consumatori e imprese, che complessivamente hanno speso oltre 20 miliardi di euro; la restante parte fa riferimento agli investimenti delle imprese in reti mobili, nello sviluppo di soluzioni software Mobile rivolte ai consumatori o ai propri dipendenti, in soluzioni che sfruttano gli “oggetti intelligenti” (Internet of Things). Continuerà anche la crescita del mercato dell'M-Commerce.
Non sarà da meno la spesa delle imprese in attività di Marketing tramite i nuovi device (Smartphone e Tablet), trainati in particolare dalla Pubblicità, ma anche dalla nascita dei servizi di Mobile Couponing. Molta attenzione sarà dedicata dalle imprese anche allo sviluppo di soluzioni software Mobile volte, da un lato, a gestire la relazione con i propri consumatori e dall’altro, a migliorare la produttività e l’efficacia del lavoro dei propri dipendenti, soprattutto quelli in mobilità. Complessivamente per queste variegate tipologie di investimenti le imprese nel 2016 spenderanno il doppio di quanto speso nel 2013.


27 marzo 2014

LinkedIn misura l’engagement e lancia il Content Marketing Score

LinkedIn ha presentato il Content Marketing Score, una nuova risorsa di analisi che permette di avere maggiori informazioni sull'impatto registrato dai propri contenuti, organici o a pagamento, su LinkedIn. Si tratta di un punteggio, calcolato misurando l'engagement univoco (attraverso le singole azioni/interazioni social), diviso per l’audience totale di destinazione.
Il Content Marketing Score misura l'engagement di ciascun utente rispetto agli Sponsored Updates, alle Company Pages, ai gruppi, agli aggiornamenti dei dipendenti e ai post degli influencer di una determinata azienda, ad esempio.
Il tutto verrà poi riassunto in un valore unico, da comparare con il proprio ambito di riferimento. Sarà inoltre possibile ricevere suggerimenti su come migliorare il proprio punteggio facendo leva sulle diverse possibilità a disposizione per ottenere più reach ed engagement. È inoltre possibile filtrare il punteggio per regione, età, dimensioni dell'azienda, ruolo lavorativo e settore di appartenenza.
In aggiunta, annunciato anche il Trending Content, una classifica degli argomenti più trattati dai membri di LinkedIn. Che si parli di leadership, cloud computing o dispositivi mobile, è possibile vedere gli argomenti più importanti per ciascun target di riferimento, e quali sono gli utenti che hanno interagito maggiormente su un dato argomento.

10 marzo 2014

Smartphone e tablet accettano pagamenti e diventano "mobile POS"

CartaSi e Visa Europe hanno lanciato sul mercato il Mobile POS: una soluzione contactless che permette agli esercenti di accettare pagamenti tramite smartphone e tablet.
Pensato per i liberi professionisti, per gli artigiani e per tutti gli esercenti che necessitano di accettare pagamenti in mobilità, il Mobile POS è un dispositivo che, collegato a smartphone o tablet in modalità wireless, gestisce tramite un’App le transazioni di pagamento effettuate con carte di debito e con carte di credito a chip, contactless e con tecnologia NFC.
La nuova soluzione si basa su un’applicazione (Android oppure iOS) e un lettore bluetooth di carte: lo smartphone e il tablet si trasformano così in terminali di pagamento che consentono all’esercente di gestire gli incassi con le stesse semplicità di utilizzo e sicurezza di un POS tradizionale, ma con il vantaggio di poterlo fare in qualsiasi momento e ovunque si trovi.
Il piano di innovazione di CartaSi prevede che in Italia sempre più esercenti siano in grado di gestire pagamenti NFC e contactless.