31 maggio 2012

Le aziende dicono “si” al BYOD. Il mondo del lavoro punta sulla mobility

In questi giorni Cisco ha annunciato i risultati dello studio IBSG Horizons (vedi anche infografica sotto) che ha coinvolto 600 manager e responsabili IT statunitensi e che indica come l’IT stia accettando, e in alcuni casi addirittura incitando, la tendenza a portare sul luogo di lavoro i dispositivi personali - il cosiddetto “bring your own device” BYOD - come un dato di fatto nella vita aziendale.
Lo studio indica anche alcuni dei vantaggi che ne derivano e mette in guardia sulle complessità tecnologiche che tale tendenza comporta per le reti aziendali.
La maggior parte delle organizzazioni starebbe “autorizzando” il BYOD in azienda, e a conferma di ciò il 95% degli intervistati ha affermato che la propria organizzazione permette l’utilizzo dei dispositivi di proprietà dei dipendenti, sul posto di lavoro. L’84% degli intervistati non solo consente ai propri dipendenti l’utilizzo dei dispositivi personali, ma offre loro anche diversi livelli di supporto.

Il 78% dei dipendenti (i cosiddetti colletti bianchi) statunitensi utilizza per lavorare un dispositivo portatile, e il 65% dichiara inoltre di aver bisogno di una connettività mobile per svolgere le proprie mansioni. Inoltre, il report ha rilevato che entro il 2014 il numero di dispositivi che i dipendenti utilizzano dovrebbe raggiungere una media di 3,3, rispetto a 2,8 del 2012.
Oltre a ciò, lo studio rivela che il BYOD può portare con sé ulteriori vantaggi di business. Oltre i tre quarti (76%) dei responsabili IT intervistati hanno definito il BYOD come un fenomeno abbastanza o estremamente positivo per le loro aziende, pur essendo consapevoli delle criticità per l'IT.
I dipendenti apprezzano di poter essere liberi di lavorare quando e dove vogliono, e hanno anche espresso il desiderio di utilizzare sul lavoro le proprie applicazioni: il 69% degli intervistati ha dichiarato che le applicazioni non approvate, soprattutto social network, e-mail basate su cloud e messaggistica istantanea, sono a oggi molto più diffuse di due anni fa.

E voi... come lavorate?


25 maggio 2012

La situazione (e i numeri) del Mobile Commerce in Europa

Interessante infografica presentata in questi giorni da Zanox, un operatore europeo specializzato nel performance advertising.  L'infografica riassume i risultati dell’ultima edizione del Mobile Performance BarometerL’analisi mostra una crescita di volumi del mobile commerce europeo nel 2011 rispetto all’ultimo trimestre 2010.
Di un certo impatto alcuni dati: +313% del fatturato, oltre 2 milioni di transazioni registrate nel 2011, una transazione ogni 15 secondi, oltre 50% delle transazioni effettuate tramite iPad.
Da notare anche ce in Italia la crescita si attesta al 400% e la quota del mobile commerce corrisponde all’ 1.6% sui ricavi totali. 
Questo ultimo, non rappresenta certo un dato clamoroso ma, a quanto pare, sta crescendo con grande rapidità.
Dall'immagine qui sotto possiamo anche capire come iOS di Apple sia tuttora la piattaforma su cui si fa maggiormente e-commerce. Nonostante la crescita (soprattutto in alcuni paesi) di Android, evidenzi numeri da tener d'occhio.
Ancora. L'iPad genera oggi ricavi molto maggiori di iPhone e dei dispositivi Android. Mentre l'iPhone è il n°1 per numero di transazioni generate.
Decisamente da leggere il peso delle varie industry, nei principali paesi europei.
Per visualizzare l'infografica a dimensioni originali, cliccare qui.


eCommerce, la svolta di Pixmania verso i gioielli

Curiosa la notizia divulgata ieri in una conferenza stampa da Pixmania.com (portale multispecialista dell’e-commerce). E’ stata infatti annunciata la vendita online della linea di gioielli Rose & Kara.
Con questa mossa, proponendo gioielli in oro, diamanti e pietre preziose, il sito Pixmania inserisce una linea di prodotti piuttosto piuttosto diversa, rispetto alle proprie abitudini (il sito è conosciuto soprattutto per i propri prodotti tecnologici), e conferma di voler progressivamente diversificare la tipologia di prodotti offerti.
Sarà interessante vedere come verrà gestita la comunicazione di questa novità, verso clienti e potenziali.

La prima collezione Rose & Kara propone più di 500 modelli fra anelli, orecchini, braccialetti, ciondoli e collane. Nel corso delle prossime settimane, la collezione farà il suo ingresso in altri 13 Paesi europei, e altri 1500 prodotti saranno disponibili alla vendita. 
Con un posizionamento di gamma medio-alta, la collezione propone dei prezzi al pubblico inferiori del 40-60%, rispetto a quelli della gioielleria tradizionale. 
Rose & Kara si impegna a garantire ai suoi clienti una serie di servizi Premium: la consegna gratuita entro un massimo di 15 giorni, un periodo di prova di 30 giorni con la garanzia “soddisfatti o rimborsati”, un servizio di modifica della misura effettuato dal laboratorio specializzato della Maison, e una garanzia di due anni.

11 maggio 2012

News e contenuti, l'affascinante esperienza creata dai mobile device

Dopo aver utilizzato con grande soddisfazione Google Currents, in questi giorni, sto iniziando a provare anche Flipboard per Android (che peraltro mi piace moltissimo). 
Leggendo news su entrambi, con l'obiettivo di testarne i miei personalissimi pro e contro, sto prendendo coscienza dell'importanza che stanno assumendo questi aggregatori di news. Il ragionamento non si ferma qui. Nel recente passato (ma il trend è ancora in divenire) si è dibattuto a lungo su come la lettura di news e la fruizione dei contenuti, si sia spostata da media tradizionali come carta e TV, verso il web.
Oggi mi sembra di poter osservare un ulteriore slittamento: questa fruizione di contenuti continua ad essere collegata allo stesso media (il web), ma utilizza nuovi device: quelli mobili.
Aumenta il numero di utenti che preferisce leggere news e informarsi, utilizzando app su smartphone e tablet, invece che collegarsi a siti web tramite il PC.

Ma perchè accade questo? I fattori sono molteplici. Iniziamo dal fatto che questi device sono sempre con noi, disponibili quando abbiamo tempo libero, tra un impegno e l'altro.
Aggiungiamo che ci seguono dove vogliamo e sono comodi da utilizzare nel letto, sul divano, all'aperto, in macchina, sui mezzi pubblici, in viaggio, etc... Ma il vero fattore chiave, è nella fruibilità e nella user experience.
Sfogliare pagine e notizie sullo schermo HD di smartphone e (soprattutto) tablet, tramite Currents o Flipboard, risulta essere un'esperienza per l'utente nettamente superiore rispetto a una tastiera e uno scroll del mouse.
Così come ho scritto in un recente post su questo blog, dedicato all'engagement creato dal visual content, gli utenti tendono a preferire (e premiare) soluzioni e tecnologie graficamente accattivanti, comode da utilizzare e che creano un'esperienza gradevole, durante l'utilizzo.
Apple, per prima, lo ha insegnato a tutti.


10 maggio 2012

Privacy, oltre tecnologie e leggi... è un atto di coscienza


In occasione del Privacy Day di Arezzo, ho intervistato in esclusiva il Colonnello della Guardia di Finanza, Umberto Rapetto. Abile scrittore e personaggio noto al grande pubblico, spesso coinvolto in interviste e invitato in programmi di approfondimento, è soprattutto persona schietta, preparata e un grande esperto di sicurezza, privacy e tecnologie.
Durante l’intervista abbiamo analizzato insieme la recente abolizione (tramite il Decreto Semplificazioni del Governo Monti) del Documento Programmatico per la Sicurezza. L’obiettivo è cercare di spiegare a tutti cosa cambia (e cosa non…), in tema di privacy e sicurezza dei dati.

Colonnello, che messaggio lanciare al pubblico, in occasione di questa giornata sulla Privacy?
Si è vissuta per un attimo la sensazione che la privacy, avesse subito una sorta di caduta di tono e di interesse. Scompare il Documento Programmatico per la Sicurezza (DPS) e qualcuno ha pensato che automaticamente stesse scomparendo la riservatezza dei dati e tutte le misure di sicurezza connesse.
Invece non è propriamente così. Anzi.
Il DPS, come obbligo formale viene meno, ma continua a sopravvivere come una sorta di ombra, perché chiunque debba trattare dati personali, è tenuto ad osservare le prescrizioni stabilite dalla legge sulla privacy. E’ importante avere un “diario di bordo”, prendere appunti… lo chiameremo in maniera diversa, ma sarà ancora importante avere una mappa di quali strumenti sono stati posti in essere, per far si che il cittadino abbia massima serenità, nel sapere che i propri dati e informazioni rimarranno in un ambito esclusivo e protetto. Anche (e soprattutto) in rete.

Qual è dunque, in questo momento, il primo step che consiglierebbe a un’azienda?
Se fossi “King for a day”, al timone di un’azienda, direi di non buttare via il tempo impiegato fino ad oggi per redigere il Documento Programmatico. Fare tesoro di quanto si è fatto per adeguarsi alla normativa sulla privacy e continuare sulla stessa linea.
Bisognerebbe domandarsi come mai era stato messo come obbligatorio questo documento, se invece era inutile. Non credo che il legislatore, a suo tempo, abbia commesso un errore così grande. Allo stesso modo, non voglio pensare che il legislatore successivo, abbia commesso un errore altrettanto grande.
Va considerato purtroppo che il DPS, col tempo, si era andato volgarizzando. Era diventato una mera formalità, oppure venivano offerte consulenze per realizzarlo a prezzi stracciati. Ultimamente sembrava davvero di essere in un bazar. Si dovrebbe trattare invece di un “atto di coscienza”, in cui: tratto i dati che devo trattare, li tratto come dovrei trattarli e quando devo trattarli.
Ogni realtà sa che deve attenersi a una serie di regole, non solo perché c’è un obbligo normativo, ma proprio perché c’è una dirittura morale.
Se si ha rispetto delle persone, si ha rispetto dei loro dati (che sono qualcosa di molto personale).

In azienda ci sono sempre più dispositivi mobili (si parla molto di BYOD – Bring Your Own Device), reti wireless e cloud. Gli informatici devono essere più coinvolti sui temi della Privacy?
Dovremmo coinvolgere tutti contemporaneamente. Se è vero che con la comunicazione mobile, siamo oggi sempre connessi, dobbiamo iniziare ad aprire un dialogo costante, su temi del genere.
Non sempre la soluzione più accattivante sotto il profilo delle tecnologie, è quella davvero più valida.
Se pensiamo al cloud computing ad esempio, dobbiamo essere coscienti che andiamo incontro a una serie di imprevisti che non sono solo fantascienza, ma decisamente reali. Le cronache recenti (si può citare il caso di Megaupload), sono piene di esempi che lo dimostrano.
Ragionate dunque... ma dialogate e confrontatevi anche.

4 maggio 2012

Comunicazione e advertising: un abbinamento 'fusion' che piace

Leggendo alcuni blog recenti e osservando come sempre più aziende comunicano col mercato, ho iniziato a ragionare su un binomio, la cui coesistenza è spesso controversa. Quello tra comunicazione e pubblicità.
Il nodo del discorso sta in una considerazione piuttosto semplice: nelle aziende, i confini tra advertising e comunicazione stanno diventando sempre più sfumati.
In molti casi tendono a sparire, creando dei processi di output comunicativi decisamente fusion, dove è difficile distinguere tra quelle che possono essere le diverse applicazioni dell'inbound marketing o forme di pubblicità indiretta... e la comunicazione verso il mercato e i clienti.
Il merito (o la colpa, a seconda dei punti di vista) sta principalmente nel fatto che l'advertising tradizionale, soprattutto su carta stampata e web, non sta producendo più i risultati del passato, e si sta trasformando in qualcosa di ibrido che, abbracciando altre forme di comunicazione, tende a creare contenuti che portino valore, qualità e informazioni utili per gli utenti.
Proprio sulla qualità dei contenuti, vedo nel concetto di crossmedialità (suggeritomi di recente dall'amico Leo Sorge), una grande attualità e diversi scenari attraenti per comunicare con il mercato, su diversi canali e proponendo - di volta in volta - contenuti ad hoc.
In particolare, sul web si intravedono risultati molto validi, nel momento in cui le aziende, integrano la produzione di articoli, suggerimenti, opinion piece, etc... producendo 
visual content, o incentivando i contenuti generati dagli utenti (riferimenti in un recente post sul tema).
La commistione di questi fattori, per quanto visiva, si allontana dal tradizionale display advertising, e crea una sorta di display communication che, se proposto correttamente, può produrre un intrattenimento piacevole/fruibile (o utile/informativo) e un coinvolgimento emozionale dell'utente, che crea engagement.
Se andiamo oltre le apparenti eresie di alcuni accostamenti, possiamo trovare dunque ricette fusion, sempre più utilizzate e che producono risultati decisamente interessanti.