7 dicembre 2012

8 consigli per fare e-Commerce sicuro

L’e-commerce in Italia, benché sia su livelli più bassi rispetto alla media europea, sta progredendo sia in termini di domanda che di qualità del servizio. Il mercato sta maturando e la fiducia dei consumatori è in aumento. Il consorzio del settore e-commerce Netcomm indica che nel 2011 il commercio al dettaglio online in Italia è aumentato del 20%, raggiungendo un valore di mercato totale di 8 miliardi di euro.
Il Centre for Retail Research prevede che quest’anno le vendite online in Italia aumenteranno del 18%, a fronte di una crescita media del 16% per l’area europea. Secondo le proiezioni di una ricerca effettuata da Forrester, le vendite online al dettaglio sono destinate a raddoppiare entro il 2015.
Mentre fanno acquisti online, i consumatori sono esposti però ad alcuni rischi. Riprendo qui alcune informazioni e consigli proposti da un’azienda specializzata in sicurezza digitale (VASCO Data Security), per fare acquisti online con più consapevolezza ed ridurre al minimo i rischi.
  1. Quando la “S” fa la differenza. Prima di immettere i dati della vostra carta di credito, accertatevi che l’indirizzo della pagina Web riportato in alto sullo schermo inizi con “https:” anziché con il semplice “http:”. Questa “S” è importantissima perché indica che è attiva una connessione protetta e crittografata tra il browser del proprio computer e il sito Web che si sta visitando.
  2. Prudenza innanzi tutto. Fate acquisti soltanto su siti web o sistemi di shopping di accertata affidabilità. L’uso di siti Web poco conosciuti e la divulgazione di informazioni riservate sulla propria carta di credito aumenta il rischio di frodi finanziarie o furto d’identità. Usate la massima prudenza, verificando accuratamente il canale online prima di effettuare l’acquisto. Ricordate anche di leggere i termini e le condizioni generali e le informazioni di contatto, e di verificare i costi di spedizione e gli addebiti aggiuntivi.
  3. Non siate ingenui online. L’offerta sembra troppo bella per essere vera? Allora forse non è affatto vera. Non cliccate messaggi e-mail o link provenienti da mittenti sconosciuti che fanno offerte non realistiche: si tratta probabilmente di truffe. 
  4. Alcuni controlli prima di fare acquisti. Ricordate di fare shopping nel modo più sicuro possibile. Mentre vi preparate a una sessione di shopping online, dedicate qualche minuto a verificare che il software antivirus e anti-spyware dei vostri dispositivi elettronici sia aggiornato. 
  5. Non fate acquisti dall’ufficio. Quando siete al lavoro, limitate lo shopping al minimo. Fare shopping dall’ufficio non solo può infastidire il capo, ma può diminuire il vostro livello di protezione. Negli ultimi anni si è registrato un aumento nell’uso dei dispositivi a uso lavorativo per fare acquisti online, senza però sapere con precisione quale sia il livello di protezione garantito dal reparto informatico dell’ufficio.
  6. Non usate dispositivi pubblici. Evitate di fare acquisti utilizzando dispositivi pubblici, poiché spesso non sono adeguatamente protetti. Questo vale anche per l’uso delle reti Wi-Fi pubbliche, che sono uno dei luoghi preferiti in cui i cyber-criminali si appostano per carpire le vostre informazioni. 
  7. Più complesso è meglio. Le informazioni personali e gli account vanno sempre protetti con password complesse. È opportuno che queste password vengano generate casualmente utilizzando dei dispositivi di autenticazione, non possano essere riutilizzate e siano valide per un periodo limitato. 
  8. Pretendete una sicurezza di livello bancario per tutti e ovunque. Accertatevi di fare acquisti presso rivenditori che offrano una procedura di accesso semplice e protetta. In tutto il mondo, molti clienti delle banche utilizzano senza problemi dei dispositivi che generano password monouso per l’accesso ai conti correnti online. Come consumatori, è opportuno pretendere la massima sicurezza a qualsiasi sito che ci chieda di effettuare l’accesso.

5 dicembre 2012

L'eCommerce in stile natalizio piace agli italiani


In occasione delle prossime feste natalizie, il commercio elettronico si conferma in netta crescita in Italia. Tra gli acquirenti online abituali, infatti, coloro che compreranno i propri regali di Natale su Internet salgono dal 37% del 2011 al 44%: oltre 5 milioni di individui, 1 utente Internet su 5, un italiano maggiorenne su 10 e 500mila individui in più rispetto alla scorsa stagione 2011.
A sostegno di questo dato, la riduzione del tasso degli indecisi sul “Natale web” che partiva dal 41,6% del 2011 e ora scende al 24,1%, rivelando la crescente tranquillità da parte dei consumatori nel fare i propri acquisti natalizi online.
Il 34,5% degli acquirenti online acquisterà più regali dell'anno scorso. Le stime prevedono che quest'anno 5,3 milioni di individui acquisteranno almeno una parte dei propri regali di Natale online, a fronte dei 4 milioni che hanno effettivamente utilizzato il canale eCommerce nel periodo natalizio 2011.

Questi dati emergono da una ricerca condotta da Netcomm, Consorzio del Commercio Elettronico Italiano in collaborazione con Human Highway, che ha analizzato la propensione all’acquisto online su un campione di residenti (maggiorenni) su tutto il territorio nazionale e rappresentativi della popolazione italiana che si connette alla Rete con regolarità almeno una volta alla settimana.
Natale 2012 con segno positivo dunque per l'eCommerce che rispetto l'anno scorso convince sempre più consumatori.


1 dicembre 2012

5 trend tecnologici e di business del 2013

Secondo i principali trend tecnologici e di business identificati da Verizon per il 2013, nel nuovo anno si assisterà a un incremento dell’adozione di tecnologie avanzate per rispondere alle mutevoli esigenze delle aziende, aumentando nel contempo la produttività e creando nuove esperienze per i clienti. Da qui 5 principali trend tecnologici suggeriti da Verizon Enterprise Solutions per il nuovo anno.

1. Previsioni ottime per i cloud ibridi
I data center distribuiti e le reti intelligenti fisse e mobili che li collegano rappresentano ora una valida alternativa alle tradizionali VPN (Virtual Private Network) che hanno rappresentato a lungo le basi della comunicazione aziendale. L'anno prossimo ci sarà uno spostamento significativo dalle VPN ai cloud pubblici, privati e, soprattutto, ibridi. “Entro il 2013 oltre il 60% di tutte le aziende avrà adottato una qualche forma di cloud computing”, afferma un report di Gartner.

2. Gli utenti mobili assumono il controllo
Secondo Forrester, “il 66% dei dipendenti utilizza a scopo lavorativo due o più dispositivi mobili”, un dato che ha implicazioni significative.
Le imprese adotteranno sempre più spesso strategie di enterprise mobility basate su cloud, creando “cloud personali” nei quali i dipendenti potranno usare le applicazioni aziendali per svolgere più efficacemente il proprio lavoro. Le aziende saranno inoltre più proattive nell'affrontare le sfide associate alla separazione tra vita personale e vita professionale dei dipendenti avvalendosi di “application store” privati e tecniche per la gestione dei dispositivi mobili per creare un ambiente di lavoro più mobile e più sicuro.

3. Macchine interconnesse
“Internet of Things” è arrivato e continuerà a crescere per soddisfare esigenze specifiche di settore. Secondo un report Gartner, “nel 2011, gli oltre 15 miliardi di oggetti sul Web con oltre 50 miliardi di connessioni intermittenti cresceranno entro il 2020 arrivando a più di 30 miliardi di oggetti con oltre 200 miliardi di connessioni intermittenti”.
Le connessioni M2M (Machine-to-Machine) non comprendono ora solo i contatori intelligenti e le automobili smart. Per esempio, reti elaborate di sensori con connessioni dirette M2M si trovano oggi nel settore della sanità e nella prima generazione di telematica automobilistica destinata ai consumatori.
La capacità di raccogliere, memorizzare e analizzare enormi volumi di dati definirà quali aziende sapranno estrapolare le informazioni migliori e prendere le decisioni più agili per trarre un vantaggio competitivo.

4. Reti più intelligenti e invisibili
Un tessuto intelligente che collega tutto e tutti renderà le reti invisibili agli occhi degli utenti finali, anche a fronte di un tasso di crescita annuo composto del traffico IP del 29% da qui al 2016, secondo le stime del Cisco Visual Networking Index.

5. La sicurezza
Nel 2013 la sicurezza uscirà dall'ambito specialistico diventando un must per l'IT a ogni livello. Le violazioni della sicurezza riguardano accessi, infrastrutture e applicazioni avvengono su reti fisse e mobili e hanno impatti su capitale fisico, finanziario e intellettuale. La sfera d'azione è globale... come afferma il “Verizon Data Breach Investigations Report” del 2012. La sicurezza delle identità diventerà un problema molto più diffuso nel corso del 2013.

19 novembre 2012

eTicketing, l’app Go Bemoov anche per Android

Go Bemoov, l’app creata da Movincom per il settore del trasporto pubblico, dopo essere sbarcata a settembre su Apple Store, è ora disponibile gratuitamente anche su Google Play per i possessori di smartphone che utilizzano la piattaforma Android. 
L'App, lanciata lo scorso giugno, consente di acquistare tramite cellulare i biglietti di trasporto pubblico in diverse città italiane.
Con un'unica registrazione al servizio, è possibile acquistare i biglietti in molte delle città già aderenti al circuito Bemoov: Vicenza, Padova, Genova, Forlì, Cesenatico, Cesena e Firenze. 
L'App si presenta dunque come un interessante esempio di progetto per semplificare in modo strutturale, l'accesso ai servizi di trasporto pubblico e diventare così una "biglietteria tascabile"
Il servizio è piuttosto semplice e, al termine dell'operazione, si riceve un biglietto SMS contenente un codice di controllo che potrà esibire in caso di verifica.


29 ottobre 2012

Forza del brand e loyalty: l’influenza dei fattori di mercato

Non sempre il consumatore acquista il brand preferito. Anzi: nel 42% dei casi, ci si ritrova ad acquistare un brand che non era quello che avevamo intenzione di prendere. Perchè?
Presentato al Convegno “Marca e Strategie di Loyalty”, organizzato da TNS (www.tnsglobal.com), l’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma, alcuni risultati dell’indagine internazionale “The Commitment Economy”, che ha intervistato 39.000 individui in 17 Paesi.
Fattori esterni, quali prezzo, disponibilità, promozioni, formati disponibili, modifichino le scelte effettive, generando “distanza” fra desiderio e comportamento d’acquisto: nel 42% dei casi, ci si ritrova dunque ad acquistare un brand diverso da quello preferito.
La “distanza” fra desiderio ed acquisto effettivo si rileva sia per acquisti frequenti di beni a prezzo relativamente basso, sia per beni a carattere aspirazionale. Dallo studio emerge l’importanza di tre macro-categorie cross industry: l’accessibilità economica, che incide per un 15%, la disponibilità fisica (availability, che rappresenta la “disponibilità per lo shopper” e quindi il livello di distribuzione, ma anche la posizione nel punto vendita, sullo scaffale, il livello di visibilità,…) che incide mediamente per un 7% e l’influenza sullo shopper dei bisogni della famiglia (shared decision making), che incide per un 4%.

La forza di un brand, il brand commitment che si concretizza nella loyalty, è quindi, la combinazione di power in the mind (attachment psicologico) e power in the market (fattori di mercato).

25 ottobre 2012

Mobile payment: in arrivo una piattaforma unica

E’ notizia piuttosto recente che Telecom Italia, Vodafone Italia, Wind, 3 Italia e PosteMobile hanno definito un accordo per lo sviluppo di una piattaforma di Mobile Payment basata su tecnologia NFC (Near Field Communication).
L’obiettivo dichiarato sarebbe la creazione di un ecosistema nazionale che permetta un’ampia diffusione e fruibilità dei servizi di pagamento contactless tramite smartphone.

I piani di sviluppo prevedono infatti la realizzazione di un’architettura che possa semplificare l’integrazione di un numero crescente di banche e istituti che emettono carte di pagamento e permettere loro di offrire servizi sulla nuova piattaforma mobile.
La SIM degli operatori sarà il cardine del sistema e permetterà di gestire ogni aspetto di sicurezza. Gli operatori mobili collaboreranno per garantire la massima diffusione di smartphone (ma non solo) abilitati alla tecnologia NFC. L’ecosistema NFC sarà aperto, ogni nuovo service provider potrà connettersi alla piattaforma.
Già entro la fine del 2013, si prevede che circa l’80% degli smartphone sarà equipaggiato con tecnologia NFC, mentre il numero di negozi dotati di POS abilitati al pagamento contactless sarà superiore a 150.000.

22 ottobre 2012

Il Gruppo BPER avvia progetto pilota per i Mobile Payment

Il Gruppo BPER ha attivato un progetto pilota per i pagamenti contactless utilizzando un telefono cellulare con l‘applicazione di pagamento sviluppata sulla micro SD.
Si tratta al momento, di una fase sperimentale per la quale sono coinvolti cinquanta responsabili commerciali del gruppo BPER che hanno ricevuto in dotazione un  cellulare dove i dati di una carta prepagata BperCard Pay Pass sono contenuti nella micro SD NFC (la nuova tecnologia per i pagamenti di prossimità) che, abbinata all’applicazione BperCard Mobile Payment, consente di effettuare i pagamenti al bar, dal giornalaio, dal panettiere e presso tutti gli esercenti che dispongono di un POS contactless. La durata della sperimentazione sarà di alcuni mesi.

Dal punto di vista tecnologico l’applicazione prepagata virtuale, sviluppata da Oberthur Technologies sul  sistema operativo di BlackBerry per il modello BB 9300 Curve, risiede sul secure element della micro-SD NFC. L’accesso al servizio avviene in modo immediato attraverso BperCard Mobile Payment e la transazione si perfeziona esattamente come per una normalissima carta prepagata contactless, avvicinando il telefonino al POS dotato di lettore contactless per importi fino a 25 euro; per importi superiori, dopo aver avvicinato il telefono al lettore, è necessario digitare il PIN della carta direttamente sul POS.
Ciò permette di anticipare i tempi rispetto all’attuazione della piattaforma unica per il Mobile Payment annunciata recentissimamente dai principali operatori telefonici, Vodafone, Telecom Italia, Wind e 3 Italia assieme a PosteMobile e auspicata dal mondo bancario perché consentirà ulteriori importanti sviluppi.

9 ottobre 2012

Pagamenti: italiani disposti ad abbandonare i contanti?

La moneta elettronica piace agli italiani che la usano ormai regolarmente nella loro vita quotidiana e molti di essi sarebbero anche propensi ad utilizzare il cellulare come strumento di pagamento. E’ quanto emerge da una recente indagine di SIA, realizzata dall’ISPO e presentata a Milano nel corso del “SIA Expo 2012”, l’evento dedicato ai pagamenti di prossima generazione.
La ricerca, effettuata a livello nazionale coinvolgendo un campione stratificato per quote statisticamente rappresentativo della popolazione adulta, rivela che il 21% degli italiani usa esclusivamente il contante, il 62% usa le carte di pagamento e il 19% si dichiara ben disposto ad utilizzare i mobile payments.

Da notare, che il 79% possiede almeno una carta di debito, credito o prepagataTra i maggiori sostenitori delle carte di pagamento figurano imprenditori e dirigenti (89%), laureati (84%), di età compresa fra 25 e 34 anni (75%) e fra 45 e 54 anni (73%), maschi (69%).
Infine tra coloro che si dichiarano favorevoli a utilizzare il cellulare come strumento di pagamento troviamo in prevalenza giovani tra 18 e i 24 anni (39%) e studenti (38%).

L’uso del contante, benché percepito positivamente e in maniera trasversale da quasi tutti per la “semplicità”, potrebbe però avere vita breve. Infatti, il 30% degli italiani si dice pronto ad abbandonarlo del tutto a favore della moneta elettronica, ritenuta “veloce e comoda”, anche per i pagamenti sotto i 50 euro.
Non solo, se i terminali POS fossero più diffusi nei negozi e i pagamenti con carta sempre accettati dagli esercenti italiani, questa percentuale potrebbe addirittura aumentare (57%).
Inoltre, secondo il 36% degli intervistati un contributo decisivo per disincentivare l’uso del contante potrebbe derivare dai pagamenti via cellulare.

23 luglio 2012

Qual'è il reale valore del tuo smartphone?

Una nuova infografica prodotta da McAfee ha condensato il valore dei costi connessi alla sostituzione di uno smartphone perso o rubato. Tra i dati più significativi, spicca come il 50% degli utenti di smartphone preferiscono perdere il portafoglio piuttosto che lo smartphone.
I nostri telefoni stanno diventando sempre più le nostre carte di credito, gli abbonamenti dei mezzi pubblici, e molto altro ancora.
Non solo. Il tempo necessario per sostituire uno smartphone e il relativo contenuto, si aggirerebbe intorno alle 18 ore e richiederebbe oltre 560 euro (tra costo del dispositivo e disagi connessi).
Alla luce di questi rischi, è importante adottare le opportune precauzioni per proteggersi. Ecco alcuni suggerimenti degli esperti per tenere al sicuro le proprie informazioni personali:

  • Proteggere sempre il proprio dispositivo mediante password e impostarlo in modo che il blocco automatico si attivi dopo un determinato periodo di tempo.
  • Prima di scaricare un’applicazione di terze parti, controllare le recensioni degli altri utenti per verificare che sia sicura e leggere l’informativa sulla privacy, per assicurarsi che le proprie informazioni personali non vengano divulgate.
  • Se si utilizzano i siti di e-banking e acquisti online, effettuare sempre la disconnessione. Non selezionare mai la funzione di memorizzazione dei dati di accesso.
  • E’ bene, infine, prendere in considerazione di dotarsi di una soluzione per proteggersi dal malware mobile, non solo per difendersi dai virus per cellulari e navigare in sicurezza, ma anche per salvaguardare la privacy in caso di smarrimento o furto.


16 luglio 2012

Si chiama Smartphonatic. Ed è un nuovo tipo di consumatore

Smartphonatic, si chiamerebbe così la nuova categoria di consumatori evidenziata da uno studio condotto in 14 paesi da ACI Worldwide e Aite Group, sul mobile banking e payment.
Lo Smartphonatic è un individuo che, dato che possiede uno smartphone, cambia le proprie abitudini di acquisto, finanziarie e di pagamento.
Il report ha identificato una netta differenza tra l’adozione del mobile presso gli Smartphonatic e il resto dei consumatori: mentre l’80% degli Smartphonatic utilizza il proprio smartphone per il mobile banking, solo un terzo dei consumatori non-Smartphonatic lo adotta.
Inoltre, il 70% degli Smartphonatic usa lo smartphone per il mobile payment, contro meno di un quarto dei non-Smartphonatic che lo utilizza per lo stesso servizio.
Secondo il report, il comportamento degli Smartphonatic sta influenzando le richieste e le esigenze dei consumatori in merito alle soluzioni di mobile payment e banking, fattore che dovrà essere preso in considerazione dalle istituzioni finanziarie e dai retailer nei prossimi 5 anni se vorranno rimanere competitivi.


Gli Smartphonatic variano per paese ed età: sono più comuni in India e in Cina rispetto a Stati Uniti ed Europa.
Il report ha rilevato trend diversi in base a specifiche geografiche e demografiche. Primo tra tutti, che a livello globale circa il 25% dei consumatori può essere classificato Smartphonatic; inoltre gli Smartphonatic identificati per ogni paese rappresentano il livello di maturità di quel paese in merito al mobile: l’India mostra la più alta percentuale di Smartphonatic, con il 60%, seguita dal Sud Africa con il 42%. La percentuale più bassa si è rilevata in Germania con il 10%, in Francia 8% e in Canada 7%. L’Italia raggiunge il 27% e gli Stati Uniti il 20%.
Gli Smartphonatic sono più disposti a sperimentare nuovi approcci di mobile payment e banking rispetto al consumatore tradizionale. Va evidenziato anche che il fatto di possedere uno smartphone, non significa essere uno Smartphonatic.

9 luglio 2012

Il cambiamento: storia di un'azienda che proprio non capisce...

Questa è la storia di un'azienda.
Non è la mia e neanche la vostra. 
Ma potrebbe esserlo.
Un'azienda che vorrebbe cambiare, pensa di farlo, ma in realtà non riesce a farlo.
Non si tratta di usare i social media, comunicare in maniera diversa, lavorare sul mobile o realizzare prodotti digitali.
E' molto di più.

Tutto ciò non è affatto scontato. Me ne convinco sempre di più, partecipando a conferenze, incontrando professionisti e scoprendo progetti coraggiosi.
Quello che l'azienda di questa storia proprio non riesce a capire, è che il cambiamento e l'innovazione non "iniziano a fare"... ma si pensano, si vivono e si respirano ogni giorno.
Non parliamo solo di un percorso, ma di un viaggio.
Uno di quei viaggi per cui parti convito di aver preso tutto, ma fin dal primo giorno invece, ti accorgi di non avere quasi niente di ciò che ti serve.
Uno di quei viaggi che ti cambia i punti di riferimento, ti annulla molte certezze, ti fa vedere solo scenari nuovi, ti spiazza da subito... ma, proprio per questo, ti entusiasma. Quel lato affascinante e avvincente del business, la vedi solo in questi viaggi.

Ma l'azienda di questa storia, è convinta che si possano copiare le stesse logiche di sempre e incollarle su un po' di tecnologia, un portale web, uno smartphone o una pagina di Facebook.

Se c'è un modo per sbagliare davvero in questa fase di transizione, è non comprendere che lavoriamo su mercati che non torneranno più quelli di prima. Sono cambiati, come quasi tutte le regole del gioco.
La quantità e i grandi numeri non valgono più niente, se non si basano su qualità e valore.
L'interazione, le relazioni, la flessibilità e l'engagement, valgono molto più un'esercito di commerciali con il listino in mano.
Per molti professionisti, la produttività non può essere legata a dove ti trovi e all'orario di lavoro.
L'azienda di cui parliamo, agisce lentamente e non riesce a cambiare punto d'osservazione quando analizza il mercato.
Non ci riesce (e forse non vuole).
E così continua a perdere vantaggio competitivo.
Ma questo, è solo l'inizio della storia...

3 luglio 2012

Utilizzare i social network in ufficio. E’ giusto?

L’agenzia di consulenza in risorse umane Kelly Services, ha rilasciato in questi giorni il Kelly Global Workforce Index™. Si tratta di un’indagine condotta da ottobre 2011 a gennaio 2012, su un campione di 170.000 persone in 30 paesi (di cui circa 5.000 in Italia), che mostra l’evoluzione dell’approccio dei lavoratori nei confronti dei social network.
Dall’indagine emerge che la diffusione dei social media sul luogo di lavoro sta avvenendo molto velocemente, infatti, un lavoratore su 5 ne approva l’utilizzo durante l’orario d’ufficio. Mentre molti dipendenti sono pronti a vedere i benefici dell’utilizzo dei social network in ufficio, i datori di lavoro e i dirigenti sono perplessi e devono ancora risolvere alcune complesse problematiche legate alla privacy, al monitoraggio e all'accesso alle informazioni aziendali riservate.

In particolare, quasi un quarto degli intervistati (
24%) considera questi strumenti validi per condividere opinioni lavorative con amici e colleghi. Nella fattispecie, la regione italiana più incline a questo approccio è la Sicilia (34%), mentre secondo il 67% dei laziali non è corretto scambiare opinioni relative a questioni lavorative, attraverso i social media. Solo al 6% dei dipendenti è stato esplicitamente richiesto di non utilizzare i social media sul luogo di lavoro. 

Per molti lavoratori però, poter accedere ai social media in ufficio è diventato quasi un diritto. Infatti, sono ormai considerati strumenti fondamentali per la comunicazione e utili per la carriera.Un dato interessante che emerge dalla survey riguarda la possibilità dei potenziali datori di lavoro di visionare le pagine del candidato sui social network prima di decidere sull’assunzione: è lecito? La risposta è negativa per il 55% degli intervistati italiani. Inoltre, si conferma la tendenza a scegliere il canale dei social network per la ricerca di un nuovo posto di lavoro, come attestato dal 23% degli intervistati, che predilige questo mezzo rispetto ai metodi tradizionali come giornali, siti online ed agenzie di reclutamento.

22 giugno 2012

Nuove logiche per la mobility nel business

Una nuova ricerca dell’Osservatorio New Tablet & Business Application della School of Management del Politecnico di Milano, mette in evidenza come i Tablet nelle aziende, stiano sostituendo in alcuni casi i più tradizionali notbook e netbook, soprattutto tra il Personale di Vendita (43%) e gli Executive (23%). Più rara invece la sostituzione degli smartphone da parte dei Tablet.
Solo il 20% dei CIO (Chief Information Officer) ha già introdotto il paradigma Bring Your Own Device, consentendo al personale di scegliere di utilizzare in azienda il dispositivo che più gradisce.
Per circa 2 CIO su 3 le priorità di investimento nelle soluzioni di Mobile Business sono aumentate con l’avvento dei Tablet. Per 1 CIO su 3 la Mobility è una ‘top priority’ già da quest’anno, mentre lo sarà addirittura per 1 CIO su 2 nel prossimo anno.

Fonte: Ossevatorio  www.osservatori.net

La ricerca ha evidenziato che il 56% dei CIO ha già introdotto dispositivi Tablet all’interno della propria azienda (era il 47% nel 2011) con piena soddisfazione per il 66%. Tra i CIO che non li hanno ancora adottati (44%) la maggioranza è intenzionata a introdurli, alcuni a breve termine (12% sul totale), altri nel medio/lungo periodo (25% sul totale).
A guidare il cambiamento, nell’adozione dei New Tablet nelle diverse famiglie professionali, si conferma la classe dirigente: il 65% degli Executive & C-Level utilizza già questi dispositivi (era il 55% nel 2011) oppure li riceverà nel futuro (33%); il 29% del Personale di Vendita già li utilizza (era il 17% nel 2011) ma soprattutto è destinato a riceverli nel futuro (65%); il 13% dei Manutentori li ha e più di 4 su 10 li avranno a disposizione nel breve-medio periodo.
Per quanto riguarda i Sistemi Operativi presenti sui Tablet, come accennato sopra, il 29% dei CIO rispondenti ne ha individuato uno solo di riferimento. iOS continua a essere quello più selezionato, seguito da Android, QNX e Windows.

18 giugno 2012

Dall’engagement alla comunicazione... l’immagine è tutto

Il potere delle immagini nei contenuti online: questo l’oggetto di un’interessante infografica realizzata da MDG Advertising.
Se è vero che (come dicono) l’immagine è tutto... probabilmente questo è ancora più vero sul web.
Il marketing visivo/fotografico è un fenomeno che sta assumendo un’importanza sempre maggiore per diversi brand e organizzazioni. 
I dati riportati qui sotto, vogliono proprio fornire un insight, per l’utilizzo e l’ottimizzazione del visual su contenuti, advertising ed eCommerce.

Il punto di partenza – neanche a dirlo – quello “Shift to the visual”, che è espresso perfettamente da tre temi molto attuali: l’Effetto Pinterest, la Timeline di Facebook e, ovviamente, il fenomeno Instagram.

A seguire, focus sull’influenza delle immagini su diverse aree:
negli articoli,
- nei materiali per la Stampa e le PR,
- nelle ricerche locali degli utenti,
- nell’eCommerce,
e nel social engagement.

http://www.mdgadvertising.com/blog/wp-content/uploads/2012/05/its-all-about-images-infographic_1000.png

14 giugno 2012

“V PAY & Play” la nuova campagna integrata per il brand

E’ partita la campagna di comunicazione integrata “V PAY & Play” dedicata alla carta V PAY di Visa. Come molti probabilmente sanno, V PAY è una carta di debito Europea di Visa Europe, basata esclusivamente sulla tecnologia chip & PIN (microcircuito + codice PIN), utilizzabile in tutta l‟area Euro, con le stesse condizioni e termini d’uso stipulati in Italia.
Fino al 30 settembre 2012, pagare i propri piccoli e grandi acquisti quotidiani con V PAY, consente di partecipare alla promozione “V PAY & Play”. Registrandosi al sito www.vpayandplay.it è possibile vincere un iPad 2.

La campagna “V PAY and Play” propone un mix di comunicazione con attività tradizionali e mezzi unconventional: dal concorso a premi instant win, alla campagna adv su stampa, fino all’organizzazione di eventi itineranti che vedranno coinvolti famosi artisti di strada (a Milano, Roma e Napoli).
La parte „unconventional" della campagna “V PAY & Play” prevede 4 performance da parte di un freestyler, un giocoliere, una band e un trasformista.
Al termine di ogni esibizione, al posto dell’usuale giro con cappello per la raccolta delle offerte, l’artista utilizzerà un terminale POS. Gli oboli saranno accettati solo con carte V PAY, sarà spiegato cosa è V PAY e i suoi vantaggi. Gli spettacoli saranno seguiti dalla consegna di una promocard V PAY con un gadget brandizzato.

La meccanica della promozione è stata sviluppata dall‟agenzia di Direct e Promotional Marketing F.P.E. La campagna “V PAY & Play” è stata sviluppata da Saatchi & Saatchi, media buying a cura di Mec:Global, mentre l‟organizzazione degli eventi è stata assegnata a Caleidos (Nexxus).

13 giugno 2012

E Lo sceriffo... dove lo metto? Riflessioni a freddo, sul caso Rapetto


Questa è una storia scomoda. Una storia italiana, dunque.
Negli ultimi i giorni molto si è parlato e scritto, su colui che ormai dobbiamo definire ex-Colonnello della Guardia di Finanza. Sto parlando di Umberto Rapetto.
Potrei riassumere i recenti fatti di cronaca così: come ha spiegato egregiamente un articolo di Carlo Clericetti sul sito de La Repubblica, parlare di lotta ai crimini e alle truffe informatiche, significava (e aggiungerei: significa ancora...) parlare di lui: Umberto Rapetto, che era colonnello e capo del Nucleo speciale frodi telematiche (GAT) della Guardia di Finanza. Per compltezza d’informazione, il GAT è un gruppo di specialisti nelle indagini e nella lotta alla criminalità informatica.
Alcuni giorni fa, Rapetto è stato rimosso dal suo incarico, per presunti "ordinari criteri di rotazione del personale" ed è stato mandato al Centro alti studi della Difesa, non come importante docente o esperto (quale è ormai da anni), ma per seguire lui stesso un corso. L’intento “punitivo” è apparso subito abbastanza evidente.
Va da se che la reazione di Rapetto, non si è fatta attendere... ed è arrivata tramite uno strumento (neanche a dirlo) tecnologico e innovativo.
Un annuncio dato via Twitter recitava: «Chiedo scusa a tutti quelli che mi hanno dato fiducia, ma qualche minuto fa sono stato costretto a dare le dimissioni dalla GdF».

Rapetto ha pagato probabilmente per il suo agire in maniera non sempre convenzionale, o non in linea, con quelle che sono le logiche di realtà come la GdF e le istituzioni italiane.
Sicuramente, anche quando gli è stato raccomandato di indagare “con cautela” in alcuni ambiti, ha pestato i piedi a personaggi importanti.
Col tempo, si è creato nemici, in tutti qui soggetti istituzionali e non, impegnati a governare il Paese con logiche e alleanze di comodo, che non sono propriamente una novità...

Dal canto suo, l’ex Comandante del GAT (che conosco bene da anni), è sempre stato molto apprezzato per professionalità, esperienza e capacità.
Non avrà certo problemi a “ricollocarsi” o trovare proposte per ricoprire ruoli importanti. Insomma, di certo la sua storia, avrà comunque un lieto fine.
Così come forse lo avrà quella di molti criminali informatici, che avranno ora vita più facile.
Come al solito invece, gli unici a perdere veramente, siamo noi.
Ci hanno tolto un grande sceriffo.

11 giugno 2012

Mobile, tra contenuti e app... E' boom in Italia?

Le Mobile App scaricabili dagli Store, raddoppiando in valore assoluto nel corso del 2011, valgono 75 milioni di euro, a maggioranza ricavi pay (circa 85%) e con ruolo crescente dei ricavi da in-app billing. Apple domina nel mercato della vendita di App: oltre l’85% del mercato è nelle sue mani.
Questo il contesto delineato dalla Ricerca dell'Osservatorio "Mobile Internet, Content e App" promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.
Ma c’è molto altro su cui focalizzare l’attenzione. Secondo l’Osservatorio infatti, ci sono nuove opportunità per tutti, in un mercato che sta rapidamente cambiando e crescendo: nel 2011 i ricavi generati dal download di App quasi raddoppiano e le vendite di contenuti tramite Mobile Web agli utenti Smartphone triplicano.
Il Mobile Internet, ha registrato una decisa “impennata” (+52%), superando quota 800 milioni di euro e per il 2012 si preannuncia un trend di crescita quasi analogo. Questo grazie a ricavi generati da tariffe flat (+88%) che arrivano a pesare poco meno della metà del mercato complessivo, mentre continua comunque anche la crescita dei ricavi da tariffe pay per use (+30%).


Il mercato dei Mobile Content&App (Pay e Advertising) torna a crescere del 4% nel 2011, con una crescita di oltre il 15% prevista per il 2012. 
A farla da padrone sono i ricavi Pay: quasi il 90%, deriva dalla vendita di Mobile Content e App al consumatore finale e il restante 10% dalla Pubblicità per contenuti free.
Il mercato dei Mobile Content&App a pagamento è stabile nel 2011, per effetto di due dinamiche contrapposte: da un lato, un calo dei contenuti più tradizionali (come loghi e suonerie, sms informativi in abbonamento, televoting, ecc.), dall’altro un forte boom della vendita di Mobile App scaricate dagli Application Store (+89%) e di contenuti veicolati tramite il Mobile Web agli utenti che possiedono uno Smartphone (+200% circa).
I contenuti che maggiormente trainano la crescita sono i Giochi (+44%), grazie soprattutto ai risultati ottenuti sugli Application Store, ma anche a un aumento delle vendite tramite il Mobile Internet.
Crescono con tassi interessanti anche Musica (+39%) e Video e (+30%), anche se continuano ad avere un peso ancora limitato sul mercato complessivo.

Anche il Mobile Advertising ha registrato una crescita cospicua nel 2011 (+50%), raggiungendo i 56 milioni di euro, un valore che ci si attende raddoppi nei prossimi due anni, arrivando a pesare quasi il 10% del totale mercato della Pubblicità su Internet.
In termini di formati pubblicitari, crescono a 3 cifre gli investimenti in Display Advertising all’interno di Applicazioni e Mobile site, e in Keyword Advertising.
Un ultimo cenno sul comportamento del consumatore nei confronti delle Mobile App: da una indagine condotta in collaborazione con Doxa, emerge che il 31% degli utenti che usano Applicazioni ha meno di 5 App, il 34% tra 6 e 20 e il 35% oltre 21. In particolare, gli utenti Apple hanno mediamente 52 applicazioni contro le 30 degli utenti Android.

5 giugno 2012

eCommerce: è sempre più Social Mobile Shopping?

Viviamo sempre più in un mondo di Social Mobile Shopper?
Questa la provocazione dell'infografica che trovate più in basso, e che evidenzia come il 55% dei consumatori condivida i propr acquisti sul piattaforme socia come Facebook (55%), Twitter (22%) o Pinterest (14%).
Interessanti i dati relativi a Pinterest e Facebook: il 59% degli utenti ha acquistato qualcosa visto sul sito, il 33% degli utenti Facebook ha acquistato prodotti visti sul proprio news feed o sulla bacheca di amici.
Ma non basta. Il 79% degli utenti di Pinterest è più propenso a fare shopping su prodotti visti sul network delle immagini, piuttosto che su Facebook.
Una ulteriore conferma di appeal ed engagement garantiti da quella comunicazione visiva, di cui abbiamo più volte parlato (anche in questo blog).

E le
app sui device mobili? Che peso hanno nei processi di acquisto online?
Iniziamo ad evidenziare come i 3 principali motivi per cui i consumatori utilizzano le app dei retailer sono: per visualizzare i prodotti (32%), per effettuare acquisti (22%) e in cerca di sconti e offerte (26).
Ma... il 66% degli utenti preferisce ancora acquistare dal sito web del retailer, piuttosto che tramite la app.



31 maggio 2012

Le aziende dicono “si” al BYOD. Il mondo del lavoro punta sulla mobility

In questi giorni Cisco ha annunciato i risultati dello studio IBSG Horizons (vedi anche infografica sotto) che ha coinvolto 600 manager e responsabili IT statunitensi e che indica come l’IT stia accettando, e in alcuni casi addirittura incitando, la tendenza a portare sul luogo di lavoro i dispositivi personali - il cosiddetto “bring your own device” BYOD - come un dato di fatto nella vita aziendale.
Lo studio indica anche alcuni dei vantaggi che ne derivano e mette in guardia sulle complessità tecnologiche che tale tendenza comporta per le reti aziendali.
La maggior parte delle organizzazioni starebbe “autorizzando” il BYOD in azienda, e a conferma di ciò il 95% degli intervistati ha affermato che la propria organizzazione permette l’utilizzo dei dispositivi di proprietà dei dipendenti, sul posto di lavoro. L’84% degli intervistati non solo consente ai propri dipendenti l’utilizzo dei dispositivi personali, ma offre loro anche diversi livelli di supporto.

Il 78% dei dipendenti (i cosiddetti colletti bianchi) statunitensi utilizza per lavorare un dispositivo portatile, e il 65% dichiara inoltre di aver bisogno di una connettività mobile per svolgere le proprie mansioni. Inoltre, il report ha rilevato che entro il 2014 il numero di dispositivi che i dipendenti utilizzano dovrebbe raggiungere una media di 3,3, rispetto a 2,8 del 2012.
Oltre a ciò, lo studio rivela che il BYOD può portare con sé ulteriori vantaggi di business. Oltre i tre quarti (76%) dei responsabili IT intervistati hanno definito il BYOD come un fenomeno abbastanza o estremamente positivo per le loro aziende, pur essendo consapevoli delle criticità per l'IT.
I dipendenti apprezzano di poter essere liberi di lavorare quando e dove vogliono, e hanno anche espresso il desiderio di utilizzare sul lavoro le proprie applicazioni: il 69% degli intervistati ha dichiarato che le applicazioni non approvate, soprattutto social network, e-mail basate su cloud e messaggistica istantanea, sono a oggi molto più diffuse di due anni fa.

E voi... come lavorate?


25 maggio 2012

La situazione (e i numeri) del Mobile Commerce in Europa

Interessante infografica presentata in questi giorni da Zanox, un operatore europeo specializzato nel performance advertising.  L'infografica riassume i risultati dell’ultima edizione del Mobile Performance BarometerL’analisi mostra una crescita di volumi del mobile commerce europeo nel 2011 rispetto all’ultimo trimestre 2010.
Di un certo impatto alcuni dati: +313% del fatturato, oltre 2 milioni di transazioni registrate nel 2011, una transazione ogni 15 secondi, oltre 50% delle transazioni effettuate tramite iPad.
Da notare anche ce in Italia la crescita si attesta al 400% e la quota del mobile commerce corrisponde all’ 1.6% sui ricavi totali. 
Questo ultimo, non rappresenta certo un dato clamoroso ma, a quanto pare, sta crescendo con grande rapidità.
Dall'immagine qui sotto possiamo anche capire come iOS di Apple sia tuttora la piattaforma su cui si fa maggiormente e-commerce. Nonostante la crescita (soprattutto in alcuni paesi) di Android, evidenzi numeri da tener d'occhio.
Ancora. L'iPad genera oggi ricavi molto maggiori di iPhone e dei dispositivi Android. Mentre l'iPhone è il n°1 per numero di transazioni generate.
Decisamente da leggere il peso delle varie industry, nei principali paesi europei.
Per visualizzare l'infografica a dimensioni originali, cliccare qui.


eCommerce, la svolta di Pixmania verso i gioielli

Curiosa la notizia divulgata ieri in una conferenza stampa da Pixmania.com (portale multispecialista dell’e-commerce). E’ stata infatti annunciata la vendita online della linea di gioielli Rose & Kara.
Con questa mossa, proponendo gioielli in oro, diamanti e pietre preziose, il sito Pixmania inserisce una linea di prodotti piuttosto piuttosto diversa, rispetto alle proprie abitudini (il sito è conosciuto soprattutto per i propri prodotti tecnologici), e conferma di voler progressivamente diversificare la tipologia di prodotti offerti.
Sarà interessante vedere come verrà gestita la comunicazione di questa novità, verso clienti e potenziali.

La prima collezione Rose & Kara propone più di 500 modelli fra anelli, orecchini, braccialetti, ciondoli e collane. Nel corso delle prossime settimane, la collezione farà il suo ingresso in altri 13 Paesi europei, e altri 1500 prodotti saranno disponibili alla vendita. 
Con un posizionamento di gamma medio-alta, la collezione propone dei prezzi al pubblico inferiori del 40-60%, rispetto a quelli della gioielleria tradizionale. 
Rose & Kara si impegna a garantire ai suoi clienti una serie di servizi Premium: la consegna gratuita entro un massimo di 15 giorni, un periodo di prova di 30 giorni con la garanzia “soddisfatti o rimborsati”, un servizio di modifica della misura effettuato dal laboratorio specializzato della Maison, e una garanzia di due anni.

11 maggio 2012

News e contenuti, l'affascinante esperienza creata dai mobile device

Dopo aver utilizzato con grande soddisfazione Google Currents, in questi giorni, sto iniziando a provare anche Flipboard per Android (che peraltro mi piace moltissimo). 
Leggendo news su entrambi, con l'obiettivo di testarne i miei personalissimi pro e contro, sto prendendo coscienza dell'importanza che stanno assumendo questi aggregatori di news. Il ragionamento non si ferma qui. Nel recente passato (ma il trend è ancora in divenire) si è dibattuto a lungo su come la lettura di news e la fruizione dei contenuti, si sia spostata da media tradizionali come carta e TV, verso il web.
Oggi mi sembra di poter osservare un ulteriore slittamento: questa fruizione di contenuti continua ad essere collegata allo stesso media (il web), ma utilizza nuovi device: quelli mobili.
Aumenta il numero di utenti che preferisce leggere news e informarsi, utilizzando app su smartphone e tablet, invece che collegarsi a siti web tramite il PC.

Ma perchè accade questo? I fattori sono molteplici. Iniziamo dal fatto che questi device sono sempre con noi, disponibili quando abbiamo tempo libero, tra un impegno e l'altro.
Aggiungiamo che ci seguono dove vogliamo e sono comodi da utilizzare nel letto, sul divano, all'aperto, in macchina, sui mezzi pubblici, in viaggio, etc... Ma il vero fattore chiave, è nella fruibilità e nella user experience.
Sfogliare pagine e notizie sullo schermo HD di smartphone e (soprattutto) tablet, tramite Currents o Flipboard, risulta essere un'esperienza per l'utente nettamente superiore rispetto a una tastiera e uno scroll del mouse.
Così come ho scritto in un recente post su questo blog, dedicato all'engagement creato dal visual content, gli utenti tendono a preferire (e premiare) soluzioni e tecnologie graficamente accattivanti, comode da utilizzare e che creano un'esperienza gradevole, durante l'utilizzo.
Apple, per prima, lo ha insegnato a tutti.


10 maggio 2012

Privacy, oltre tecnologie e leggi... è un atto di coscienza


In occasione del Privacy Day di Arezzo, ho intervistato in esclusiva il Colonnello della Guardia di Finanza, Umberto Rapetto. Abile scrittore e personaggio noto al grande pubblico, spesso coinvolto in interviste e invitato in programmi di approfondimento, è soprattutto persona schietta, preparata e un grande esperto di sicurezza, privacy e tecnologie.
Durante l’intervista abbiamo analizzato insieme la recente abolizione (tramite il Decreto Semplificazioni del Governo Monti) del Documento Programmatico per la Sicurezza. L’obiettivo è cercare di spiegare a tutti cosa cambia (e cosa non…), in tema di privacy e sicurezza dei dati.

Colonnello, che messaggio lanciare al pubblico, in occasione di questa giornata sulla Privacy?
Si è vissuta per un attimo la sensazione che la privacy, avesse subito una sorta di caduta di tono e di interesse. Scompare il Documento Programmatico per la Sicurezza (DPS) e qualcuno ha pensato che automaticamente stesse scomparendo la riservatezza dei dati e tutte le misure di sicurezza connesse.
Invece non è propriamente così. Anzi.
Il DPS, come obbligo formale viene meno, ma continua a sopravvivere come una sorta di ombra, perché chiunque debba trattare dati personali, è tenuto ad osservare le prescrizioni stabilite dalla legge sulla privacy. E’ importante avere un “diario di bordo”, prendere appunti… lo chiameremo in maniera diversa, ma sarà ancora importante avere una mappa di quali strumenti sono stati posti in essere, per far si che il cittadino abbia massima serenità, nel sapere che i propri dati e informazioni rimarranno in un ambito esclusivo e protetto. Anche (e soprattutto) in rete.

Qual è dunque, in questo momento, il primo step che consiglierebbe a un’azienda?
Se fossi “King for a day”, al timone di un’azienda, direi di non buttare via il tempo impiegato fino ad oggi per redigere il Documento Programmatico. Fare tesoro di quanto si è fatto per adeguarsi alla normativa sulla privacy e continuare sulla stessa linea.
Bisognerebbe domandarsi come mai era stato messo come obbligatorio questo documento, se invece era inutile. Non credo che il legislatore, a suo tempo, abbia commesso un errore così grande. Allo stesso modo, non voglio pensare che il legislatore successivo, abbia commesso un errore altrettanto grande.
Va considerato purtroppo che il DPS, col tempo, si era andato volgarizzando. Era diventato una mera formalità, oppure venivano offerte consulenze per realizzarlo a prezzi stracciati. Ultimamente sembrava davvero di essere in un bazar. Si dovrebbe trattare invece di un “atto di coscienza”, in cui: tratto i dati che devo trattare, li tratto come dovrei trattarli e quando devo trattarli.
Ogni realtà sa che deve attenersi a una serie di regole, non solo perché c’è un obbligo normativo, ma proprio perché c’è una dirittura morale.
Se si ha rispetto delle persone, si ha rispetto dei loro dati (che sono qualcosa di molto personale).

In azienda ci sono sempre più dispositivi mobili (si parla molto di BYOD – Bring Your Own Device), reti wireless e cloud. Gli informatici devono essere più coinvolti sui temi della Privacy?
Dovremmo coinvolgere tutti contemporaneamente. Se è vero che con la comunicazione mobile, siamo oggi sempre connessi, dobbiamo iniziare ad aprire un dialogo costante, su temi del genere.
Non sempre la soluzione più accattivante sotto il profilo delle tecnologie, è quella davvero più valida.
Se pensiamo al cloud computing ad esempio, dobbiamo essere coscienti che andiamo incontro a una serie di imprevisti che non sono solo fantascienza, ma decisamente reali. Le cronache recenti (si può citare il caso di Megaupload), sono piene di esempi che lo dimostrano.
Ragionate dunque... ma dialogate e confrontatevi anche.

4 maggio 2012

Comunicazione e advertising: un abbinamento 'fusion' che piace

Leggendo alcuni blog recenti e osservando come sempre più aziende comunicano col mercato, ho iniziato a ragionare su un binomio, la cui coesistenza è spesso controversa. Quello tra comunicazione e pubblicità.
Il nodo del discorso sta in una considerazione piuttosto semplice: nelle aziende, i confini tra advertising e comunicazione stanno diventando sempre più sfumati.
In molti casi tendono a sparire, creando dei processi di output comunicativi decisamente fusion, dove è difficile distinguere tra quelle che possono essere le diverse applicazioni dell'inbound marketing o forme di pubblicità indiretta... e la comunicazione verso il mercato e i clienti.
Il merito (o la colpa, a seconda dei punti di vista) sta principalmente nel fatto che l'advertising tradizionale, soprattutto su carta stampata e web, non sta producendo più i risultati del passato, e si sta trasformando in qualcosa di ibrido che, abbracciando altre forme di comunicazione, tende a creare contenuti che portino valore, qualità e informazioni utili per gli utenti.
Proprio sulla qualità dei contenuti, vedo nel concetto di crossmedialità (suggeritomi di recente dall'amico Leo Sorge), una grande attualità e diversi scenari attraenti per comunicare con il mercato, su diversi canali e proponendo - di volta in volta - contenuti ad hoc.
In particolare, sul web si intravedono risultati molto validi, nel momento in cui le aziende, integrano la produzione di articoli, suggerimenti, opinion piece, etc... producendo 
visual content, o incentivando i contenuti generati dagli utenti (riferimenti in un recente post sul tema).
La commistione di questi fattori, per quanto visiva, si allontana dal tradizionale display advertising, e crea una sorta di display communication che, se proposto correttamente, può produrre un intrattenimento piacevole/fruibile (o utile/informativo) e un coinvolgimento emozionale dell'utente, che crea engagement.
Se andiamo oltre le apparenti eresie di alcuni accostamenti, possiamo trovare dunque ricette fusion, sempre più utilizzate e che producono risultati decisamente interessanti.

26 aprile 2012

Geo-localizzazione tramite mobile. Piace anche in Italia

Due terzi degli utenti dichiara di essere disponibile a condividere la propria localizzazione via mobile.
Il 60% di coloro che attualmente non ne fanno uso, dichiarano infatti di volerli utilizzare in futuro (e questo è ancora di maggior interesse in Italia, 74%).
Servizi location-based che hanno raggiunto un livello di conoscenza elevato, con la sempre maggiore penetrazione degli smartphone.
Questi i principali trend emersi dai risultati dell’indagine Mobile Life 2012, rilasciata da TNS, che esplora l’utilizzo dei dispositivi mobili su utenti di cellulari di 58 Paesi (visualizzazione interattiva dei risultati su www.tnsglobal.com/mobilelife).

I servizi di geo-localizzazione mobile in espansione
Circa un quinto (19%) degli intervistati nel mondo si avvale attualmente dei servizi location-based (LB) e più del 60% dei non utilizzatori aspira a farlo in futuro (dato che sale al 74% in Italia). La navigazione con mappe e GPS è attualmente la motivazione più frequente di utilizzo (46% nel mondo e 48% in Italia). C’è inoltre interesse crescente su molte altre attività, con un 13% degli attuali utilizzatori di social network (18% in Italia) che effettuano “check-in” su Foursquare o Facebook Places. 1 utente su 5 (22%) che li adopera per trovare amici nelle vicinanze.
Circa un quarto, invece, sfrutta la tecnologia per trovare ristoranti e luoghi di intrattenimento (26% a livello global, 23% in Italia) o trovare informazioni sugli orari dei trasporti pubblici (19% e 21% in Italia) o per prenotare un taxi (8%).
Molti poi, hanno capito che si può anche “guadagnare”, rendendo pubblica la propria “posizione” a brand e retailer – con 1 utente su 8 (12.5%) che condivide già oggi la propria location in cambio di offerte speciali o buoni sconto.

Paese che vai, preferenze che trovi
In America Latina, il 39% dichiara che il motivo principale per condividere la propria posizione, è la voglia di trovare gli amici, a fronte di un 11% in India. Trovare i propri amici attraverso servizi LBS crolla al 9% in Nord America ed è solo il 20% in Europa, il 22% in Italia.
Nei Paesi asiatici più sviluppati e ad alto tasso di tecnologia, il 36% utilizza i servizi di localizzazione per trovare ristoranti e luoghi di intrattenimento, mentre in Cina si scende al 17% ed in Italia al 23%.
“Queste variazioni geografiche evidenziano l’importanza di avere una strategia focalizzata sulla cultura del Paese in cui si intende lanciare servizi di questo tipo – è l’opinione di Cristina Colombo, Digital Practice Head TNS Italia -. Offrono al marketing alti livelli di engagement e targettizzazione, ma devono essere costruiti secondo regole di ingaggio che rispettano il consumatore, in modo da non rischiare di diventare intrusivi. Quando le marche riescono a lavorare in maniera equilibrata e profilata, abbiamo visto ritorni significativi in termini di brand engagement, fidelizzazione e crescita”.